La Lupa e il Leone hanno perso i pezzi Iniziato il restauro

Le due statue sono in condizioni disastrose, danneggiate anche da una «misteriosa» verniciatura di dieci anni fa


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Ci ha pensato il tempo a «depotenziare» la lupa capitolina e il leone di San Marco, le due statue di legno realizzate nel ventennio fascista, che stavano sui pennoni all’imbocco del ponte Talvera e non ci potevano più stare, troppo pericolose. «Eccole, sono veramente in pessimo stato. Dobbiamo ringraziare il cittadino che un anno fa inviò una fotografia della lupa al commissario Penta, segnalando il rischio per i passanti»: Martin Pittertschatscher apre le porte del suo laboratorio. È il restauratore conservatore cui il Comune ha affidato il compito di restaurare le due statue di Ignaz Gabloner, che verranno poi trasferite nel museo del Monumento alla Vittoria. Sempre Pittertschatscher, di concerto con la Sovrintendenza dei beni artistici e architettonici di Bolzano, realizzerà le due copie, che torneranno sul ponte. Il sindaco Renzo Caramaschi ha litigato con la Svp per questa decisione e si è sentito dare del «fascista» da Cristian Kollmann, Eva Klotz e Oswald Ellecosta.

Pittertschatscher custodisce da alcuni mesi le due statue. È stato effettuato il lavoro di analisi dei materiali e le prove di pulitura. «Attendo una visita dei tecnici della sovrintendenza per confermare i prossimi passi», spiega il restauratore. I bolzanini non conoscono da vicino le due statue, stavano a 23 metri di altezza. Gabloner le dovette probabilmente realizzare in fretta. Sono composte da blocchi di legno massiccio, alte un metro e trenta centimetri, lunghe un metro e settanta. Due relitti di anni tragici. La lupa, che allatta Romolo e Remo, è la più danneggiata. Ha perso le orecchie e la coda. Le zampe posteriori sono quasi del tutto consumate. Il leone ha resistito meglio, ma è scrostato e il legno in cattive condizioni. Quelle due statue conservano il loro segreto. «Dello scultore Gabloner conosciamo tante opere, ma non l’anno in cui realizzò queste due statue», racconta Pittertschatscher, «Non abbiamo trovato neppure i bozzetti preparatori». Gabloner, famiglia di origini gardenesi, visse e lavorò a Bolzano, realizzando, tra l’altro, la fontana delle rane in piazza Stazione, le opere all’ingresso del cimitero e nella chiesa del cimitero stesso, la facciata della chiesa di Cristo Re». E c’è anche un giallo più recente. Dalle prove sui materiali è emerso che una decina di anni fa le due statue furono oggetto di un intervento di verniciatura, di cui pure non si è trovata traccia in Comune. Un lavoro frettoloso, probabilmente non effettuato da restauratori. Sul legno, Gabloner passò una vernice gialla e una velatura color bronzo. L’intervento di una decina di anni fa aggiunse una vernice con effetto metallico, ridotta oggi a un indistinto verdognolo. Sarà un restauro conservativo, non ricostruttivo, anticipa Pittertschatscher: «Risanerò il legno, toglierò l’ultima mano di vernice, cercando di recuperare tracce della velatura originale. Non ricostruirò le parti mancanti. Al museo la lupa e il leone arriveranno con i segni della storia. Le parti mancanti verranno invece ricostruite al computer per realizzare le copie». I tempi si sono allungati. Serviranno ancora alcuni mesi di lavoro. Le polemiche sui «relitti fascisti» non superano la porta del laboratorio. «Sono un restauratore, non un politico», dice Pittertschatscher, «Lavoro su queste statue, che sono beni culturali e in quanto tali tutelati, di cui chiunque ha diritto di fruire. Abbattere i monumenti dei regimi? Non credo che sia la soluzione. Credo che il restauro sia il dialogo che una società effettua attorno ai manufatti. Siamo una zona di confine, la convivenza è la nostra realtà. La lupa capitolina e il leone di San Marco sono simboli antichi, che il fascismo reinterpretò e che noi a nostra volta reinterpretiamo. Sono il prodotto di un buon artista sudtirolese che, come Piffrader e altri, lavorò prima del fascismo e continuò a farlo durante il regime».

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