La Provincia deve scegliere

di Francesco Palermo


Francesco Palermo


E’ iniziata anche in Alto Adige la stagione della coperta corta. Lo si sapeva da tempo, ma se si arriva a ridurre il numero dei dipendenti provinciali significa che la situazione è più seria di quanto si fosse portati a credere. Si deve risparmiare. Anche se fortunatamente i tagli non dovranno essere drastici.
Come avviene invece in molte altre regioni italiane e non solo. Ma certamente è finita la fase in cui c’erano fondi per ogni cosa, si poteva seguire una linea di sviluppo a 360 gradi e accontentare più o meno tutti, oliando soprattutto le categorie che garantivano il maggiore ritorno elettorale.
Ora occorre prendere delle decisioni difficili. Era prevedibile ed era previsto.
Il problema maggiore però non sono tanto i tagli, quanto la mancanza di una strategia al riguardo. Si sapeva da tempo che il problema si sarebbe posto, ma non si è pensato a come affrontarlo, posticipando la decisione al momento in cui essa non sarebbe stata più rinviabile. Ora che i nodi vengono al pettine, scontiamo l’assenza di una chiara identificazione delle priorità.
Sono pochi nel mondo ad avere la fortuna di essere guidati da una classe politica lungimirante come quella norvegese, che da decenni sta accumulando fondi ricavati dallo sfruttamento delle risorse naturali per quando quelle risorse saranno esaurite. Sarebbe stato bene fare scelte simili anche da noi, ma è inutile ora piangere sul latte versato. Ciò che occorre fare adesso, e con la massima urgenza, è operare delle scelte di lungo periodo, che vadano molto al di là delle prossime scadenze elettorali. Senza farsi prendere dal panico, perché la situazione è complessivamente ancora buona, ma anche tenendo ferma la barra.
L’Alto Adige è un territorio piccolo, che non può permettersi tutto e non può essere all’avanguardia in ogni settore. Due sono quindi le cose da fare: rafforzare le sinergie, per fare insieme ad altri cose che da soli sono irrealizzabili, e scegliere con oculatezza i settori sui quali puntare. Perseguendo poi queste scelte in modo coerente e con una programmazione a lungo termine.
Quanto alle sinergie, il territorio si presta perfettamente alla collaborazione con altre realtà e alla razionalizzazione degli investimenti. Qualcosa si è fatto in passato, con timidi passi in settori quali la sanità, ma siamo ancora molto lontani da un sistema integrato di servizi tra i territori dell’Euregio, che potrebbero incrementare la qualità riducendo i costi attraverso la concentrazione di risorse per l’eccellenza. Concertare per concentrare: con una seria individuazione e distribuzione territoriale delle priorità si potrebbero concentrare le risorse a seconda dei settori tra Innsbruck, Bolzano e Trento, evitando doppioni costosi e incrementando la qualità dei servizi in diversi ambiti, dalla sanità alla ricerca, dai trasporti all’alta cultura. Ad esempio, si potrebbero concentrare alcuni servizi sanitari di punta, si potrebbero integrare l’orchestra Haydn e quella di Innsbruck, coordinare l’offerta universitaria a seconda dei settori tra Trentino, Alto Adige e Tirolo, sviluppare un piano comune dei trasporti, e molto altro. Per far questo occorre però che l’Euregio sia vista in chiave funzionale allo sviluppo dei territori, più che alla ricostituzione del Tirolo storico.
Quanto alle priorità di investimento, si tratta di scelte difficili ma necessarie, sulle quali si giocherà (e si giudicherà) la vera capacità dell’attuale leadership. Politicamente è un lavoro difficile: finora si è dato un po’ a tutti, promuovendo uno sviluppo generalizzato e un consenso elettorale costante, mentre adesso occorre togliere a qualche settore e dare di più ad altri, identificando gli ambiti strategici per lo sviluppo del territorio. Occorre insomma scontentare qualcuno, cosa che in politica si fa malvolentieri. Ma se non lo si fa, si fa cattiva politica.
Questo territorio ha grandi potenzialità di eccellenza, ma deve individuare con accortezza i settori nei quali questa eccellenza può ragionevolmente svilupparsi nel lungo periodo.
Un territorio piccolo e dal costo del lavoro alto non può puntare sulla produzione di beni, ma deve investire nelle condizioni strutturali per essere all’avanguardia nei settori che generano benessere a lungo termine, come la cultura e l’innovazione.
Non serve finanziare a pioggia un sistema industriale capillare, servono industrie che sappiano sviluppare prodotti di avanguardia. Non serve sovvenzionare mille corsi di formazione, mentre converrebbe investire in formazione di funzionari capaciti di gestire un’autonomia complessa. Serve a poco dare contributi al turismo se manca una strategia dei trasporti per combinare raggiungibilità e sostenibilità. Spendere meno può anche significare spendere meglio.
Il primo segnale non è positivo.
Come un governo romano qualunque, la Giunta provinciale inizia a tagliare dalla cultura. Non che il sostegno al settore non abbia bisogno di ripensamenti, anzi, ma senza un preciso investimento strategico in cultura non si potrà creare l’humus per far sviluppare i settori strategici.
E’ iniziata la fase delle scelte difficili. La cosa peggiore sarebbe non farle, spalmando i tagli sui vari settori, scontentando un po’ tutti e soprattutto non concentrando le risorse sulle priorità strategiche.
Questi sono però anche i momenti in cui la vera politica si esalta, perché la sua funzione più nobile consiste nell’esercizio legittimo del potere di qualificare gli interessi e di conferire loro una corrispondente tutela di intensità differenziata.
Se l’orizzonte politico è quello del consenso immediato e del successivo appuntamento elettorale, la politica rischia di diventare non il volano dello sviluppo ma il suo principale ostacolo. Siamo ancora in tempo per scelte di più ampio respiro.
Ma serve un salto di qualità politico che al momento non si vede.

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