La sfida del «Ciliegio», un lavoro contro il disagio 

Il laboratorio di Assb. Ventidue ragazzi con problemi psichici realizzano prodotti d’artigianato e falegnameria che poi vendono in un emporio gestito dall’Azienda dei Servizi Sociali in via Vanga


Valentjna Juric


Bolzano. Anche Bolzano ha il suo Marco Cavallo. Lo spirito della riforma Basaglia, che ha portato alla chiusura dei manicomi e ad un approccio nuovo nei confronti della malattia mentale, si manifesta in molti progetti cittadini. «Il Ciliegio», gestito dall’Ufficio Persone con Disabilità dell’Azienda Servizi Sociali, ne è un bell’esempio che merita di essere raccontato. In una piccola struttura in via Castel Weinegg, c’è un laboratorio dove attualmente sono impegnati ventidue ragazzi disabili poco più che adolescenti. Il progetto è nato negli anni Ottanta, periodo in cui si cercava di attuare la versione altoatesina della famosa legge nazionale 180, quella che ha portato ad una sorta di rivoluzione copernicana nella psichiatria italiana. Come faro da seguire, la creazione di forme aperte di assistenza territoriale per i malati mentali, finalizzate al loro recupero ed inclusione sociale.

Le malattie mentali sono molto più stigmatizzanti di qualsiasi altra malattia. Se ci si riflette su, nel linguaggio comune si ha un tumore, una gastrite o la malaria, ma si è depressi, schizofrenici o bipolari: il malato mentale viene spesso identificato con la sua patologia. Partendo da questa riflessione, con “il Ciliegio” ci si occupa dell’inserimento sociale e lavorativo di ragazzi con lievi insufficienze e disturbi psichici, con l’obbiettivo di aiutarli, attraverso l’apprendimento di un lavoro o di un’arte, a costruirsi un’identità che non sia plasmata unicamente dalla malattia ma anche dalle loro capacità, passioni e aspirazioni.

Ci sono laboratori di falegnameria, artigianato e cucina, dove i ragazzi vengono seguiti e appoggiati da educatori e psichiatri. Alcuni di loro rimangono nella struttura per un lungo periodo, altri solo il tempo necessario per potersi inserire nel mondo del lavoro. Gaetano Virzì, educatore sociale e responsabile del progetto da ormai diverso tempo, spiega che con “il Ciliegio” si cerca di fare comunità: si cucina, si mangia e si creano momenti di condivisione, educatori e ragazzi assieme. Si lavora in modo “orizzontale”, cercando con i ragazzi scambio e confronto, provando ad immedesimarsi nei loro punti di vista. Non è certo facile, bisogna imparare ad interiorizzare la consapevolezza di quanto sia arbitraria, limitante e priva di sfumature la definizione che diamo al concetto di normalità. Se si riesce a farlo, si intuisce dalle parole di Gaetano, ci si può aprire ad un modo molto più colorato di guardare le cose. Tra le attività in cui sono coinvolti i giovani, in via dei Vanga 33 è nato “il Ventaglio”, un emporio dove si vendono prodotti realizzati durante i laboratori. I ragazzi gestiscono le vendite, i contatti con i clienti e si suddividono i turni per le pulizie. Per loro è una bella sfida uscire dall’ambiente protetto della comunità e rapportarsi con gli estranei attraverso le vendite li aiuta a migliorare le capacità relazionali.

Tutto ciò premesso quindi, visto che la tredicesima nel portafoglio rende senz’altro più ben disposti agli acquisti, se nella vostra corsa ai regali dicembrina state cercando una nuova penna per il figlio, un astuccio per la moglie o del carbone per la suocera, magari vale la pena fare un salto in via dei Vanga 33.













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Davide Pasquali

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