La sorella: Peter temeva di essere ucciso

La soluzione del giallo forse in una cassetta di sicurezza. Si cerca un italiano: sarebbe l’ultimo ad averlo visto vivo


di Susanna Petrone


BOLZANO. «Se dovesse succedermi qualcosa, se dovessero trovarmi morto, prendi questa chiave e vai a Friedrichshafen. Apri la cassetta di sicurezza e prendi il suo contenuto». Questa è l’ultima cosa che Peter Hilber, 39 anni di Varna, trovato assassinato e con il cranio fraccassato a Spiss, in Austria, ha detto a sua sorella Angelika.

Un brutto presentimento? Da escludere. Peter sapeva di essere in pericolo? Aveva il fiato sul collo di qualcuno? Voleva fargliela pagare? Molto più probabile. Di sicuro c’è solo che gli affari dell’altoatesino navigavano in cattive acque.

La ricostruzione Due anni fa si trasferisce con la compagna meranese Tanja Burger, e il figlioletto Manuel di sei anni, a Friedrichshafen, sul lago di Costanza, in Germania. Vuole lasciarsi alle spalle i problemi giudiziari avuti in Alto Adige, dove nel 2009 viene arrestato con l’accusa di aver fatto parte di un’organizzazione dedita al traffico internazionale i auto di grossa cilindrata. Apre un negozio di prodotti sudtirolesi. Ma sin da subito gli affari vanno male. La polizia tedesca ha scoperto che Peter cambia spesso appartamento, visto che non paga l’affitto. Dopo tre mesi, viene sempre messo alla porta. Non solo: gli inquirenti tedeschi hanno scoperto che negli ultimi due anni, i debiti di Peter Hilber sono aumentati sempre di più. I carabinieri del nucleo investigativo di Bolzano e gli agenti della squadra mobile fanno loro eco: in Italia ci sono ancora molti conti aperti, che non sono mai stati pagati.

La scomparsa Una settimana fa, Tanja Burger si presenta presso la stazione di polizia di Friedrichshafen. È preoccupata. Non ha più notizie del suo compagno, sparito venerdì 20 aprile. Ma gli inquirenti le dicono che Peter Hilber è maggiorenne, quindi può allontanarsi da casa quando vuole. Passano i giorni. Mercoledì, per caso, vicino a Spiss - a due passi dalla frontiera italiana - viene ritrovato un corpo in un dirupo, subito dopo la galleria di Sant’Anna. Il cadavere mostra due ferite gravi alla testa, compatibili con una mazza da baseball. L’uomo è stato abbandonato e indossa solo gli slip (diversi usurai spogliano le loro vittime e abbandonano i corpi privi di vestiti, ma con addosso solo l’intimo). La foto viene diramata a tutte le stazioni di polizia del Tirolo, così come presso la questura di Bolzano. Gli agenti italiani, a loro volta, la inviano a le caserme altoatesine. I carabinieri di Bressanone, non appena vedono la foto, capiscono che si tratta di Peter Hilber.

L’indagine Immediatamente il nucleo informativo dei carabinieri di Bolzano, coordinato dal colonnello Andrea Rispoli e gli agenti della squadra mobile, coordinati da Giuseppe Tricarico, partono per raggiungere il luogo del ritrovamento. La Procura, intanto, apre un’indagine. Gli inquirenti italiani, al loro ritorno, sentono familiari, parenti e amici della vittima.

Le dichiarazioni La sorella Angelika, sotto choc, spiega di aver visto il fratello circa un mese fa e di aver ricevuto la chiave di una cassetta di sicurezza, presso una banca di Friedrichshafen: «Era nervoso. Mi ha detto che se gli fosse successo qualcosa di terribile, avrei dovuto usare la chiave». I carabinieri hanno segnalato la testimonianza della donna ai poliziotti tedeschi, che nei prossimi giorni richiederanno alla banca il permesso di accedere alla cassetta di sicurezza. La stessa madre di Peter Hilber, Gertraud Wieser Hilber, ha spiegato che il giorno che suo figlio avrebbe dovuto arrivare in Alto Adige, il 20 aprile, Peter fece salire moglie e figlio su un’auto, mentre lui era salito sulla vettura di un amico italiano. Ma l’altoatesino non arrivò mai a destinazione. Carabinieri e polizia stanno cercando di identificare quell’uomo. Non si può escludere né la pista della malavita né del delitto passionale.

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