La strage di cervi e caprioli, uccisi dalla troppa neve in quota

Agreiter, vicedirettore dell’Ufficio caccia e pesca: «Stimiamo ne siamo morti oltre 2 mila». Le maggiori perdite in Val d’Ultimo, Passiria, Alta Pusteria



BOLZANO. «Dopo un inverno, caratterizzato da nevicate eccezionali, ci aspettiamo una moria di ungulati. Più o meno come nel 2008-2009 quando, se non ricordo male, in Alto Adige erano morti oltre duemila capi tra caprioli e cervi». La previsione di Andreas Agreiter, vicedirettore dell’Ufficio caccia e pesca della Provincia, coincide con quella fatta da Heinrich Auckenthaler, presidente dell’associazione cacciatori dell’Alto Adige. Questi ultimi preoccupati dal fatto che, se cala la popolazione degli ungulati, si riduce anche il numero di capi da abbattere.

«Cinque anni fa - ricorda Agreiter - allo scioglimento della neve, abbiamo trovato decine di carcasse di animali. Erano rimasti bloccati e non avevano potuto alimentarsi per giorni. Erano morti di fame».

Tra caprioli e cervi chi è più a rischio?

«Sicuramente, i caprioli che viaggiano intorno ai 25-30 chili. I cervi sono animali più grandi: le femmine pesano sugli 80 chili, i maschi arrivano a superare i 100. Sono quindi animali più resistenti. Ma non è solo una questione di struttura fisica. I cervi, a differenza dei caprioli, si muovono in branco. Il più grande ed esperto davanti, gli altri dietro. In genere l’esperienza aiuta il capo branco a scegliere il posto migliore dove stare. A volte basta una distanza anche minima per trovarsi rispettivamente intrappolati tra due metri di neve, oppure essere in un posto sicuro, dove si può trovare ancora qualcosa da mangiare».

Le zone dove vi attendete le maggiori perdite?

«Dove le precipitazioni sono state più intense, ovvero val d’Ultimo, val Passiria, zona di Sarentino e Alta Pusteria. È nevicato per un periodo molto lungo e questo ha sicuramente messo a dura prova anche la resistenza degli animali più forti».

Il cervo salvato dagli sciatori

 

Dopo la moria del 2008-2009, quanto tempo era servito per ripristinare la popolazione degli ungulati?

«Tempo due-tre anni e siamo tornati sulle medie anteriori al 2008. Queste comunque sono cose che succedono periodicamente in natura. E chi sopravvive beneficia della nuova situazione».

In che senso?

«Nel senso, ad esempio, che chi sopravvive ha meno concorrenza in giro per quanto riguarda l’approvvigionamento di cibo».

E le carcasse degli animali morti che fine faranno: in pasto agli orsi?

«Molto probabilmente sì. Gli orsi quando si risvegliano dal letargo hanno bisogno di proteine. Le carcasse di caprioli e cervi fanno al caso loro. Ciò evita, almeno nella prima parte della primavera, che vadano a caccia di pecore per sfamarsi».©RIPRODUZIONE RISERVATA

 













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