Lavoratori esasperati, partono le class action

Lavori in nero oppure contratti "part time" con turni da 12 ore al giorno. Adesso lavoratori e sindacati non ne possono più. Buonerba (Cisl): dalle aziende i primi risarcimenti da 50 mila euro



BOLZANO. Lavoro in nero oppure contratti part-time, per turni di 12 ore al giorno. Contributi pagati solo per il 10% del loro valore reale, perenni accordi di lavoro a chiamata, e carte fatte firmare per approvare bilanci di fantomatiche cooperative. Tutto sotto il ricatto di licenziamento e conseguente revoca di permesso di soggiorno temporaneo.

La maggioranza dei corrieri espressi che operano in provincia di Bolzano sono extracomunitari appesi al filo della legge Bossi-Fini, ma non sono pochi gli italiani che si rifugiano nei corrieri pur di avere uno stipendio in cambio della rinuncia dei diritti. Ma le condizioni sono ormai insostenibili e i lavoratori hanno deciso di passare alle vie legali.

La Cisl di Bolzano ha lavorato sotto traccia per l'ultimo anno, ma le denunce si moltiplicano di giorno in giorno e ora è in arrivo l'azione legale collettiva contro tutte le grandi aziende di express courier che operano sul territorio. Le prime vittorie sono già state incassate, con risarcimenti per i dipendenti fino a 50 mila euro.

Quello che emerge dalle testimonianze dei lavoratori del settore, indipendentemente dalla sigla, «è uno scenario di diffusa illegalità in contratti, buste paga e rapporto di sfruttamento, che concorre al conseguente indotto di evasione fiscale e contributiva», spiega Michele Buonerba, segretario Sgb-Cisl. Stando ai numeri, in Alto Adige lavorano circa 150 fattorini tra le diverse compagnie, e il sindacato ha stimato per i loro datori di lavoro un'evasione complessiva, tra fiscale e contributiva, di mille euro al mese ciascuno.

«Con l'azione legale congiunta - spiega il segretario Cisl - puntiamo al riconoscimento di tutti i risarcimenti e all'assunzione diretta da parte dei vettori, come nel resto d'Europa». Con l'entrata in vigore del reato di caporalato nella finanziaria d'agosto, prosegue Buonerba, «possiamo dimostrare la responsabilità in solido delle case madri nello sfruttamento di manodopera dei lavoratori». Scoperchiato il vaso di pandora, i sindacalisti si sono trovati di fronte una montagna di storie di quotidiano sfruttamento illecito di manodopera.

«La normalità - racconta Hilde Stecher, delegata per il settore - è una busta paga in cui il 75% dello stipendio risulta come rimborso spese, naturalmente non giustificate, per evadere la contribuzione Inps dei dipendenti, che si troveranno senza pensione, e in più scaricarne l'iva come costo vivo per la ditta». In molti casi poi, prosegue Stecher, «sono emersi contratti part-time per turni di 12 ore al giorno, interrotti da lunghi periodi di lavoro in nero e poi ripresi in forma di contratti a chiamata».

Spesso i lavoratori non capiscono nemmeno cosa viene fatto loro firmare, affermano i funzionari Cisl, ‹‹ci sono stati casi di assemblee totalmente fittizie di soci di cooperative, di cui si faceva firmare un verbale a fine anno per l'approvazione di bilancio comprensivo anche del compenso dei dirigenti, senza che nessuno le avesse mai viste». In questo caso, spiega Buonerba, si potrebbero configurare reati penali, «anche perché se la coop poi fa bancarotta fraudolenta, e non sarebbe il primo caso, i firmatari verrebbero coinvolti direttamente nel processo». Il bandolo della matassa, secondo l'analisi del sindacato, starebbe nelle società intermedie che lavorano in appalto presso le case madri. I padroncini più spregiudicati sub-appaltano a loro volta un quarto gradino di dipendenti. (r.v.)













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