Le foto per sconfiggere la monotonia del carcere

Da 4 anni i detenuti partecipano ad un laboratorio che li assorbe e li distrae Il curatore Degiorgis: «L’idea è stata quella di portare l’arte fuori dal museo»


di Fabio Zamboni


BOLZANO. Ci sono parecchi modi per evadere dal carcere. Da quattro anni, i detenuti della casa circondariale di Bolzano, in via Dante, ne utilizzano uno virtuale ma prezioso: partecipando a un laboratorio fotografico evadono dalla monotonia della loro vita quotidiana, e persino dal loro limitatissimo punto di vista. Le porte blindate, le sbarre alle finestre, l'alto muro che chiude il cortile per l'ora d'aria, sono diventate infatti la cornice e il soggetto di un ambizioso progetto curato da Nicolò Degiorgis.

Il noto fotografo e curatore d'arte contemporanea bolzanino ha guidato ieri mattina un gruppo di giornalisti a visitare la mostra Prison Photography dentro il carcere, per presentare la parte "nascosta" di quello che è un grande progetto curato dal e al Museion. Accanto a lui, la direttrice di Museion Letizia Ragaglia, la direttrice del carcere Anna Rita Nuzzaci, e un folto gruppo di carcerati, autori delle foto e semplici spettatori.

«L'idea - ci dice il curatore Degiorgis - è stata quella di portare l'arte fuori dal museo, in luoghi lontani dalla fruizione dell'arte. E il laboratorio è stato per quattro anni, e lo sarà ancora, uno stimolo della fantasia ma anche concettuale per chi sta chiuso qui dentro. Con il valore aggiunto della scoperta di un punto di vista differente: le cose che i carcerati hanno attorno sono state viste davvero con occhi diversi. E poi ci siamo confrontati su vari temi importanti come la patria che è il punto di partenza del lavoro in corso al Museion nella mostra "Hämatli & Patriae", ma anche come la migrazione e l'identità». Con un obiettivo ambizioso: «Giovedì - aggiunge Degiorgis - sarò a Roma, al Ministero, perché vogliamo esportare questo progetto in altre carceri italiane». La mostra, nella cornice del carcere, ha un impatto forte: i soggetti immortalati e interpretati dai cento detenuti che hanno preso parte al laboratorio e che hanno realizzato un libro le cui pagine, strappate, sono quelle esposte singolarmente qui e nel Passage del Museion, sono i muri sbrecciati, le sbarre che diventano opere grafiche, i tatuaggi, gli oggetti della vita quotidiana: un corano, un rosario, un pacchetto di sigarette, un dado. Messaggi scritti su un cartone ("I love U mom", ti amo mamma), o tatuati ("Odio questo posto", "Sono senza amici"); e poi cartine di posti che rimandano ai luoghi di provenienza: Tunisia, Romania... E, ancora, ritratti di "colleghi" carcerati, pixelati per via della privacy o mimetizzati da maschere o da giochi di luce creati con gli accendini. Un microcosmo che ci raccontano gli stessi autori delle foto, perlomeno i pochi autorizzati a violare la loro stessa privacy. Il tunisino Ahmed Alì, qui dentro dal 2010 per spaccio e con ancora 10 mesi da scontare: «La fotografia mi ha fatto scoprire un’altra vita. Adesso so che una foto non vale l'altra, e ho incominciato a farmi mandare da casa le immagini della mia figlia più piccola. E poi durante il laboratorio abbiamo parlato spesso - e ci siamo anche scontrati - con Nicolò (Degiorgis, ndr) e con gli altri detenuti di emigrazione, di religione, di Trump. È stata una bellissima esperienza». Anche Pietro Caruso da Catania sconta una pena (2 anni e due mesi) per droga: «Con la fotografia ho scoperto di poter vedere le cose che mi circondano in modo diverso». E ci mostra l'immagine di un volo di piccioni che, beati loro, scavalcano facilmente il muro di cinta: «Così abbiamo interpretato l'idea di libertà». Letizia Ragaglia sottolinea l'apertura di Museion ad altre realtà e dà appuntamento al 14 novembre quando al vicino museo d'arte contemporanea si terrà un dialogo su questa iniziativa con la partecipazione della direttrice del carcere. Arriva il momento di uscire, e allora ce ne andiamo con l'idea che forse ha proprio ragione l'onorevole Kronbichler quando dice che il carcere di Bolzano, per quanto fatiscente, può vantare un'umanità invidiabile.

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