Le rane e l'innovazione

di Giorgio Tavano Blessi


Giorgio Tavano Blessi


Il tema dell’innovazione e dello sviluppo economico nel territorio altoatesino è al centro di un processo di confronto tra pubblica amministrazione, imprenditori e parti sociali tese a delineare le possibili linee di sviluppo futuro per la provincia di Bolzano. Il dibattito verte sul da farsi per promuovere innovazione vincente per il territorio altoatesino. Ma cos’è l’innovazione?
Per rispondere riporterò due fatti che hanno un comune denominatore: le rane. Il primo riguarda il campo dell’arte l’altro della scienza.
Nel 2008 l’artista tedesco Martin Kippenberger propose un’interessante opera dal titolo La rana crocefissa, esposta all’entrata del Museion, il museo d’arte contemporanea di Bolzano. Questa installazione è stata fin dalla sua comparsa oggetto di polemiche seguite da richieste da più parti perché l’opera venisse rimossa. Dieci anni prima, Andre Geim, allora sconosciuto ricercatore nel campo della fisica, presentava uno studio, pubblicato sull’European Journal of Physics condotto con preciso e rigoroso metodo scientifico rispetto alla levitazione delle rane con un risultato paragonabile a quanto accorso alla rana di Kippenberger.
Questo studio venne premiato nel 2000 con il premio Ig Nobel, premio ignobile, vale a dire l’ anti-Nobel, assegnato negli Stati Uniti alle ricerche più stravaganti e superflue. Ebbene, quello stesso scienziato, insieme al collega Konstantin Novoselov, un paio di settimane fa è stato insignito del premio Nobel - quello vero - per la fisica, per aver creato un nuovo materiale in grado di rivoluzionare la nostra vita: il Grafene. Questo straordinario materiale è un foglio di carbonio che ha solo due dimensioni, larghezza e profondità, perché lo spessore è quasi inesistente essendo di un solo atomo. Le possibilità offerte dal nuovo materiale, che i ricercatori stanno concretizzando, in Italia ad esempio è impegnato il laboratorio Nest per le nanotecnologie della Scuola Normale Superiore di Pisa, spaziano dall’utilizzo in campo medico alla conduzione di energia, ed apre scenari nuovi nello sviluppo scientifico e tecnologico. Economisti, psicologi, sociologi, sono concordi nell’affermare che esistono due livelli prevalenti di innovazione validi sia nell’ambito dell’arte che delle scienze: innovazione incrementale, o marginale, e radicale. L’innovazione marginale riguarda l’evoluzione di processi e/o prodotti consolidati, mentre l’innovazione radicale consiste in una rottura rispetto all’esistente. Focalizzando l’attenzione rispetto alla dimensione produttiva, un esempio del prodotto di un processo di innovazione marginale è l’attuale modello di rasoio da barba usa e getta. Il primo tipo era ad una lama, ora a più lame, ma presenta la medesima funzione del modello primario ed un risultato paragonabile. Un prodotto dell’innovazione radicale è il telefono portatile, che ha trasformato da subito, e lo fa ancora attraverso l’evoluzione e le applicazioni, la vita contemporanea. L’innovazione marginale è prevalente nelle aziende dominanti che indirizzano le risorse a disposizione quasi esclusivamente verso la produzione consolidata, privilegiando in questo un approccio tecnico e monotematico. Sono imprese che prestano scarsa attenzione alle relazioni con il territorio e con il resto del tessuto produttivo presente sia affine che non alla filiera di appartenenza, in quanto non percepiti come portatori di interessi per l’azienda. Questo comportamento però le rende fragili ai repentini mutamenti del mercato: chi è abituato a produrre innovazione incrementale difficilmente riesce a immaginare l’impensabile o a percepire i vantaggi di una innovazione radicale, e quindi a modificare il proprio modello organizzativo e il prodotto da realizzare.
L’innovazione radicale è promossa dalle aziende più attente e lungimiranti, e pur privilegiando la produzione consolidata, investono quote crescenti delle risorse economiche ed umane in nuovi settori. Al loro interno sono presenti professionalità che coniugano un elevato profilo tecnico ma anche “creativo”. Queste imprese sono attente alle relazioni con il territorio, sia con gli attori attinenti e non alla filiera produttiva di appartenenza in quanto portatori di potenziale conoscenza, sia con altri settori economici, ma anche sociali e culturali, e presentano potenzialità di crescita anche in presenza di mutamenti del mercato, grazie alla flessibilità di processo e prodotto finale.
Gli esempi delle rane, sono casi di innovazione marginale o radicale? I due fatti presentano interessanti analogie e possono essere presi a paradigma di quel processo verso l’innovazione radicale, verso dinamiche di rottura e di novità. Nel caso della rana di Kippenberg, che esteticamente ci piaccia o meno, non è questo l’ambito per discuterne, ci interessa l’operazione dell’artista, il messaggio determinato e quindi l’effetto generato da un’azione di nuova organizzazione delle icone più consolidate. Quest’opera ha prodotto innovazione radicale, in quanto l’obbiettivo dell’installazione non è piacere, ma generare reazioni, ovvero far riflettere gli spettatori sull’attuale, far pensare.
Nel caso della rana di Geim, che l’esperimento abbia una immediata spendibilità per il settore economico produttivo non è importante, è importante per quel ricercatore aver effettuato quello studio, perché gli ha permesso di pensare, essere “creativo”, ovvero di poter sperimentare liberamente e così facendo di potenziare le proprie capacità tecniche ed inventive. Nello stesso ambiente, Geim infatti è riuscito a creare un nuovo ed innovativo materiale, il Grafene appunto, un operazione mai riuscita prima.
L’innovazione radicale può avvenire solo in un ambiente libero da condizionamenti e pressioni, un ambiente aperto alle sollecitazioni provenienti dall’esterno ed in grado di fornire gli strumenti per rielaborare a livello cognitivo tali stimoli, in altre parole far pensare. Queste due rane quindi fanno arrabbiare, quella bolzanina, ridere, quella di Geim, ma poi riflettere. Bisogna coltivare questo andamento, coltivare il pensiero libero, affinché venga a generarsi innovazione vincente. Ma come? I processi di innovazione vincenti sono al giorno d’oggi il risultato dell’attività di ricerca e sviluppo svolta da istituzioni ed organizzazioni pubbliche e private, in cui si incontrano persone e gruppi che hanno l’opportunità di scambiare il proprio know how, liberamente, in un processo che genera al contempo nuova conoscenza attraverso la contaminazione di saperi. L’innovazione è quindi un fenomeno sociale, collegato alla presenza di un territorio attivo, attento ed inclusivo, in cui agiscono una varietà di individui dotati di conoscenze differenti ed in cui esistono interessanti soluzioni di arricchimento intellettuale, come nel caso della cultura e del sapere che, come visto, sono veicoli per la generazione di pensiero innovativo. L’innovazione radicale è un evento discontinuo all’interno di un processo continuo di costruzione della conoscenza, i cui risultati non sono programmabili, e lo scopo delle istituzioni ed organizzazioni pubbliche e private, lavorando con il settore produttivo, è quindi quello di creare le condizioni ottimali, ovvero un ambiente sociale aperto e ricco di stimoli, affinché le persone possano promuovere liberamente le potenzialità latenti. E’ questo il processo per arrivare ad una innovazione vincente. E’ proprio di questo tema che si è parlato ieri allo SMAU di Milano, il salone dell’innovazione delle tecnologie al servizio delle imprese e della pubblica amministrazione. Uno dei principali convegni ha cercato di fornire gli elementi interpretativi rispetto alla relazione tra sviluppo delle imprese e la qualità del sistema territoriale, ovvero il ruolo degli attori locali, pubblici e privati, quale potenziale propulsivo per lo sviluppo delle imprese. Se il territorio altoatesino vuole continuare ad essere competitivo in materia di sviluppo, è su questo che deve puntare ed agire per innescare un nuovo modo di pensare.

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