autonomia provvisoria

«Le Speciali non si toccano ma devono rinnovarsi»

Lanzetta: «Alto Adige e Trentino diano esempio di buona amministrazione» - L'EDITORIALE DI FAUSTINI - IL DIBATTITO, INTERVENTI E INTERVISTE


di Chiara Bert


BOLZANO. Con la legge di stabilità è appena stato approvato il patto finanziario tra le Province di Trento e Bolzano e lo Stato. Abbiamo chiesto al ministro Maria Carmela Lanzetta, ministro degli affari regionali e delle autonomie, in che modo questo accordo può porre le basi per una nuova stagione nei rapporti tra Roma e le autonomie speciali, in un momento in cui le specialità continuano ad essere indicate come esempi di privilegio nei confronti del Paese?

«Proprio i contenuti dell’accordo stanno a testimoniare che l’autonomia non è un privilegio nei confronti del Paese. Questo accordo infatti stabilisce che Trento e Bolzano si fanno carico della propria quota parte degli interessi del debito pubblico e sono gli unici enti territoriali italiani a farlo. Questo significa coniugare specialità con solidarietà e significa investire di una responsabilità nazionale i contenuti dell’autonomia».

Dopo l'accordo sulle finanze, per Trento e Bolzano il prossimo passo sarà la messa in sicurezza delle proprie competenze. Come potrà conciliarsi questo processo con la riforma costituzionale in discussione in parlamento, che tende a riportare in capo allo Stato poteri che prima erano delle Regioni (l'ultimo esempio si è visto con l'emendamento che impone anche alle Province autonome il potere sostitutivo dello Stato)? La riforma costituzionale del governo Renzi viene accusata di ritorno al centralismo. Perché il federalismo è del tutto uscito dalla discussione politica?

«Innanzitutto vorrei ricordare che è stata approvata dal Senato e confermata dalla I Commissione della Camera la clausola di salvaguardia che prevede che l’adeguamento dello Statuto delle autonomie speciali debba essere approvato previa intesa con le Regioni speciali. Questo a mio modo di vedere mette in sicurezza i contenuti delle specialità. Per quanto riguarda le competenze legislative forse è arrivato il tempo di affrontarle in maniera nuova e originale affidando alle norme di attuazione il compito di definire con chiarezza i confini delle competenze regionali. Questo è il vero tema di confronto fra le Regioni autonome e il governo. Quanto al presunto ritorno al centralismo vorrei sgombrare il campo da incomprensioni: la riforma cerca di porre rimedio alla mancata attuazione del Titolo V e contiene elementi di maggiore flessibilità nei rapporti tra Stato e Regioni che consentiranno di rilanciare il federalismo su nuove basi».

Spesso i governi hanno lodato Trento e Bolzano come esempi di buon autogoverno. Su quali ambiti lei si aspetta in particolare che le nostre due Province possano fare da battistrada?

«Proprio nel dimostrare che la cultura delle autonomie è la strada vincente per una buona amministrazione».

Anche in Trentino Alto Adige non mancano voci critiche su un sistema di gestione dell'autonomia, chiuso su se stesso, che non avrebbe saputo innovarsi. Lei cosa suggerirebbe?

«Credo che il problema principale sia quello di considerare la specialità come un qualcosa che non viene mai messo in discussione. Se questo è vero sul piano giuridico, visto che l’accordo di Parigi, di cui la nostra Costituzione è stata una presa d’atto, non può essere cancellato da nessun atto unilaterale, la specialità deve poter essere messa in discussione sempre perché è fatta di politiche pubbliche e gli anni passano anche per Trento e Bolzano ma non sempre si è stati capaci di tenere il passo dell’evoluzione politica, culturale e sociale dell’Italia e dell’Europa».

In un momento di crisi così forte, non ritiene inevitabile che si arrivi a una distinzione tra autonomie speciali e autonomie speciali? Ci sono evidenti esempi di sprechi.

«Non bisogna confondere i termini della questione. La specialità è un tema che va declinato come un valore della Repubblica per cui da questo punto di vista le cinque Regioni speciali sono una cosa unica. Altro aspetto è il giudizio sulle politiche che si attuano, ma questo riguarda la responsabilità politica delle amministrazioni e non la loro specialità istituzionale. Guai se perdessimo di vista questo aspetto: potremmo rischiare di rompere l’equilibrio istituzionale che nel corso di questi decenni si è costruito tra Stato, regioni ordinarie e Regioni a statuto speciale».

Nella sua recente visita a Trento lei ha sottolineato la necessità di procedere sulla strada della riduzione del numero dei Comuni. Negli ultimi referendum in Trentino le fusioni hanno subito una battuta d'arresto. Come si supera la logica del campanile che si respira anche in Alto Adige?

«Credo si debba distinguere tra la storia dei singoli Comuni, che è secolare ed è un pezzo della storia collettiva e individuale di tutti noi, che nessuno vuol mettere in discussione, e la qualità dell’efficienza amministrativa e dei servizi. Non si tratta di chiedere di rinunciare alla propria storia, ma di costruire un pezzo del proprio futuro».

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