Le volontarie di «Alba» nelle strade per aiutare le vittime della tratta 

Di notte in via Macello. Assistenza sanitaria e supporto alle ragazze costrette a prostituirsi


LUCA DE MARCHI


Bolzano. Martedì 30 luglio ricorre la giornata mondiale contro la tratta degli esseri umani, che in Alto Adige vede protagonista il Progetto Alba, che unisce le organizzazioni Volontarius, La Strada e Consis in azioni mirate contro lo sfruttamento degli esseri umani. Lo stesso giorno il Progetto Alba festeggia un anno di collaborazione con l’associazione Propositiv, che si occupa di prevenzione delle malattie infettive e di discriminazioni da orientamento sessuale LGBT, acronimo di origine anglosassone che tiene insieme le parole lesbica, gay, bisessuale e transgender/transessuale.

Il lavoro in strada

Da un anno una volta al mese l’unità di contatto dell’associazione Volontarius all’interno del Progetto Alba e l’associazione Propositiv si presentano in via Macello con un camper che funge da ambulatorio mobile. «Mi farai male?», chiede intimorita una ragazza che ha accettato di essere accompagnata al camper dalle operatrici. Loro la rassicurano, dopodiché la coordinatrice di Propositiv Antonella Diano le fa il test per l’HIV.

«Molte persone le accompagniamo noi, altre arrivano autonomamente, ormai siamo un loro punto di riferimento e a volte chiedono anche un appuntamento» spiegano le operatrici del Progetto Alba. Dopo aver eseguito il test, la ragazza è visibilmente agitata, ma nel frattempo le operatrici le offrono del tè caldo e qualcosa da mangiare. Non parlano molto, ogni tanto le sussurrano qualcosa e sorridono. Quando scopre di essere negativa al test, la ragazza si rilassa e comincia a raccontare di sé alle operatrici e confessa alcune sue paure. «Sempre più uomini mi chiedono rapporti senza preservativo» spiega.

La collaborazione tra Progetto Alba e Propositiv nasce con Arianna Miriam Fiumefreddo, che lavora per Propositiv ma da qualche anno era già in contatto l’unità di strada di Volontarius. «Somministriamo preservativi e facciamo il test per HIV, sifilide ed epatite C». Una buona notizia per le persone che si prostituiscono sulla strada. Gli altri servizi per accedere ai test sono infatti difficilmente accessibili: «Le donne non conoscono le procedure burocratico-sanitarie, non si fidano e, quando provengono da fuori Bolzano come capita a quelle vittime di tratta, non hanno il tempo per fermarsi» spiega Silvia Ronzani di Volontarius.

Il vero obiettivo del servizio, spiegano le operatrici, è stimolare la cura di sé. «Sappiamo che dalla consapevolezza del proprio corpo possono nascere grandi cambiamenti, per farlo è necessario conquistare la fiducia delle persone che incontriamo» commentano. Come? A rispondere è Sara Meneghini, operatrice di Volontarius di ventidue anni: «Lasciando da parte ogni aspettativa, aspettando che le persone si rivelino per quello che sono. Bisogna sintonizzarsi sul loro qui e ora, aspettare, ascoltare ed essere positivi. Non dobbiamo imporci ma essere presenti, lasciare porte aperte e offrire delle alternative».

Le vittime della tratta

Le persone che frequentano il camper provengono principalmente da Romania, Nigeria, Colombia, Albania e Italia, hanno un’età variabile tra i venti e i quarant’anni, ma non mancano più giovani e più anziani. «Con le persone più giovani e con quelle che sono sospette vittime di tratta e sfruttamento cerchiamo di insistere sulla consapevolezza perché spesso hanno poche informazioni. Se incontriamo minorenni invece è prassi che intervenga la questura».

Il dieci per cento dei centosettanta incontri effettuati in un anno di lavoro sono stati con persone transgender, cioè persone per le quali il genere che viene loro attribuito dalla nascita non è quello effettivo. «Sono persone vittime di feroci pregiudizi e spesso vengono credute delle prostitute quando non lo sono. Per fortuna in Alto Adige non c’è una completa chiusura e anche persone transgender riescono a trovare un lavoro al di fuori della strada. Ma succede che vengano cacciate di casa, rifiutate al lavoro e a quel punto si trovano in un vicolo cieco». Un vicolo cieco in cui l’unica forma di guadagno è scegliere di “diventare merce”, ma Fiumefreddo non ne vuole sapere: «Si può parlare di scelta se non c’è altra scelta?».

L’obiettivo di Propositiv è quello di eliminare l’etichetta che si crea sulle persone che si prostituiscono: «Costrette a fare queste attività sono persone con una famiglia, dei figli e molte competenze. Siamo tutti bravi a etichettare la “prostituta”: ma se a fare quel mestiere fossi costretta io? se ci fosse costretto mio marito, o mia figlia?» incalza Fiumefreddo.

Ragazze di 20 anni

Gli operatori del Progetto Alba si fermano per offrire un tè caldo a una ragazza di poco più di vent’anni. È molto timida, ma quando le operatrici tirano fuori un sacchetto di caramelle, ne afferra una grossa manciata e le infila in tasca. Poi a un certo punto indica che sta arrivando una macchina dietro di loro, le operatrici sono costrette a spostarsi e dallo specchietto retrovisore guardano la giovane ragazza avvicinarsi al finestrino della macchina.

«Una ragazza così giovane non merita di usurare la sua vita per soddisfare il bisogno sessuale di qualcun altro, ma noi non possiamo obbligarla a non farlo, possiamo solo offrirle delle alternative. Bisogna insistere sulle campagne di consapevolezza, sulle relazioni di genere, sui modelli di potere tra uomo e donna e su come tutto questo, oggi, sta cambiando. È una rivoluzione culturale quella che ci vuole» afferma Ronzani. Un lavoro, quello del Progetto Alba e Propositiv, che mira così alla sensibilizzazione della comunità. «Tantissimi padri di famiglia fanno questa doppia vita di nascosto e, senza saperlo, alimentano reti mafiose che sfruttano le donne e le costringono a vivere in condizioni disumane violando i diritti umani».

Per questo bisogna insistere sull’educazione, sostengono, anche se il cliente sfugge ed è difficile rintracciarlo. «Spesso le persone che incontriamo dicono di sentirsi le “psicologhe” dei loro clienti, capita che vogliano solo parlare o sentirsi come in una relazione» spiega Ronzani. La maggior parte del team del Progetto Alba è costituito da donne, ma la maggior parte dei clienti sono uomini: forse il problema si trova dentro l’animo maschile? Per rispondere bisogna immergersi nella pancia dei maschi di oggi. Può essere un racconto difficile da digerire – ma è quello che siamo.













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