Leitner: basta con l’Europa delle banche

L’esponente dei Freiheitlichen candidato nella lista della Lega: a Bruxelles con il progetto di libero Stato


diFrancesca Gonzato


BOLZANO. Pius Leitner con il grembiule blu tradizionale alla festa leghista di Pontida è una delle immagini di questa campagna elettorale. Per la prima volta i Freiheitlichen partecipano alle elezioni europee. La candidatura di Leitner è stata inserita nella lista della Lega nella circoscrizione del nordest. Di europee, Stati, autodeterminazione, euro e crisi politica dei Freiheitlichen abbiamo parlato ieri con Leitner nella sede dell’Alto Adige. Leitner è l’unico candidato locale, insieme al trentino Erminio Boso, volto storico e controverso della Lega.

Perché avete deciso di partecipare alle europee?

«Come secondo partito in provincia abbiamo ritenuto un dovere esserci. Il “come” dipende dalla legge elettorale. Non avremmo potuto fare come la Svp, che grazie alla sua presenza in Parlamento può partecipare con una lista propria, agganciata a un partito nazionale. Nel nostro caso, avremmo dovuto raccogliere 30 mila firme per candidarci da soli, oppure entrare in una lista già riconosciuta. La scelta è caduta sulla Lega, con la quale dialoghiamo da diverso tempo. Ho un buon rapporto con Calderoli, Maroni e Fugatti. Hanno accettato il nostro programma e noi a nostra volta siamo in linea con loro su temi come immigrazione, sicurezza, famiglia e sociale. Adesso l’obiettivo è che la Lega superi la soglia del 4%».

Al primo punto del vostro programma c’è lo Stato libero del Südtirol nell’Europa delle regioni. Obiettivo irrealistico, vi dice la Svp, e non solo.

«Noi al contrario diciamo che il diritto all’autodeterminazione è fondamentale in Europa, in una Europa in cui la democrazia diretta dovrà avere più spazio. Se la Turchia deve essere ammessa o meno, ad esempio, dovrebbero dirlo le popolazioni con un referendum. Per fortuna non sembra essere più un tema».

Le europee arrivano nel pieno della vostra crisi politica, legata allo scandalo dei vitalizi, che ha provocato le dimissioni della Obfrau Ulli Mair. È iniziata la curva discendente dei Freiheitlichen?

«Ci fa male che ciò capiti a ridosso delle europee. L’andamento negativo alle comunali di pochi giorni fa è stato un mix tra scandalo dei vitalizi e problemi locali. Dal 1998 abbiamo sempre vinto, una battuta di arresto era inevitabile. Il 14 giugno il nostro congresso eleggerà i nuovi vertici del partito e contiamo di recuperare i delusi. Sui vitalizi i nostri elettori ci accusano di essere stati zitti. È vero ed è stato un errore, ma in questo caos nessuno pensa più che la legge ha portato anche risparmi. Comunque va fatta in fretta la legge, così voltiamo pagina».

Vi dichiarate euroscettici?

«Eurocritici. Sono un europeista convinto, ma l’Europa non è l’Ue: è empatia, storia e cultura. Nell’Unione europea di oggi invece contano solo i grandi e la finanza. Non è tutto da buttare, l’Europa unita ci ha dato decenni di pace. I prossimi cinque anni saranno per decisivi per cambiare il volto di questa istituzione».

Com’è l’Unione europea che vogliono i Freiheitlichen?

«Non sono previsti ulteriori allargamenti, quindi è arrivato il momento di andare in profondità. L’Unione europea deve con centrarsi su temi come la politica estera. Sulla crisi in Crimea registriamo l’ennesimo fallimento legato alla assenza di una politica estera di Bruxelles. E poi vanno rispettati i trattati e si devono tenere alti gli standard. Non mi piace l’assenza di trasparenza sulle trattattive tra Ue e Usa. Questi ultimi hanno tutto l’interesse ad abbassare le regole sulla sicurezza alimentare».

E l’euro?

«Non credo, come dice la cancelliera Merkel, che se fallisce l’euro crolla l’Europa. Non ci sta facendo bene un euro uguale per tutti i Paesi, con situazioni economiche diversissime tra loro. Sono a favore delle teorie che ritengono realistico un euro a due velocità».

Nel programma insistete sul tema dell’immigrazione, che è già regolamentata.

«Non a livello europeo. E da soli gli Stati non ce la fanno più. Deve essere un settore gestito dalla Ue, puntando a non fare partire le barche, risolvendo i problemi in loco».

Come se fosse facile.

«Certo che scontiamo gli errori del passato, a partire dal colonialismo. In Italia, per aggravare la situazione, hanno pure deciso di eliminare il reato di clandestinità. Il fenomeno va diviso tra immigrazione irregolare, profughi con diritto all’esilio e stranieri legati al mercato del lavoro».

Allearsi con la Lega significa allearsi con il Front National di Marine Le Pen, un partito xenofobo di estrema destra.

«Se hanno così tanto successo, significa che capiscono i cittadini più dei partiti tradizionali».

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