Libere le quattro prostitute sudamericane
BOLZANO. Le quattro donne sudamericane finite in carcere un mese fa nel corso di un blitz anti prostituzione, sono state scarcerate. La decisione è stata presa dal giudice Carlo Busato che ha...
BOLZANO. Le quattro donne sudamericane finite in carcere un mese fa nel corso di un blitz anti prostituzione, sono state scarcerate. La decisione è stata presa dal giudice Carlo Busato che ha ritenuto non più applicabili provvedimenti di natura cautelare. In effetti le quattro donne, che devono rispondere di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, hanno già depositato istanza di patteggiamento.
Gli avvocati difensori Ferretti e Nettis hanno raggiunto con la Procura una condanna patteggiata ad un anno e otto mesi di reclusione con i benefici di legge.
A salvare le quattro donne da un ulteriore periodo di detenzione è il fatto che al momento sono incensurate. Con il patteggiamento della pena (ed il diritto alla riduzione di un terzo) la condanna è dunque sotto i due anni con conseguente concessione della sospensione condizionale.
Tutte e quattro compariranno davanti al giudice Busato, per la formalizzazione del patteggiamento, il 28 dicembre prossimo. Ricordiamo che nel corso dell’operazione dei carabinieri furono individuati anche alcuni appartamenti in via Cavour, via Bottai e via Conciapelli nei quali avvenivano gli incontri amorosi a pagamento.
Le indagini non hanno comunque individuato organizzazioni che tenessero sotto scaccco donne che fossero costrette a prostituirsi. In sostanza quella messa in piedi dalle cinque prostitute (la quinta non venne arrestata in quanto in Venezuela per un periodo di vacanza) era una sorta di cooperativa del sesso senza atti di coercizione nei confronti delle ragazze.
Le inquisite furono però accusate di aver messo a disposizione degli appartamenti dal settembre del 2012 ad oggi per incontri sessuali a pagamento. Gli avvocati difensori avevano tra il resto sostenuto che l’affitto pagato dalle prostitute negli appartamenti individuati pagano una somma fissa di 70 euro senza alcun tipo di correlazione con le prestazioni sessuali fornite ai clienti. Una strategia difensiva che però non ha permesso di evitare l’accusa di sfruttamento.
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