«Ma qui è un'Italia un po' particolare»

BOLZANO. «Una bandiera messa così, da sola, è muta». Nel senso che rischia di parlare solo la lingua della retorica. Non si spiega. Non racconta le sue possibili ragioni. Soprattutto qui. Hannes...



BOLZANO. «Una bandiera messa così, da sola, è muta».

Nel senso che rischia di parlare solo la lingua della retorica.

Non si spiega.

Non racconta le sue possibili ragioni.

Soprattutto qui.

Hannes Obermair è direttore dell'archivio storico municipale di via Portici. Uno dei "cavalieri che fecero l'impresa", lo storico tra gli altri storici che ha riempito il nuovo museo sotto il Monumento. Tirandosi dietro, all'inizio, le critiche dei nazionalisti tedeschi e italiani. Ma alla fine, vista l'assoluta lealtà storica con cui hanno raccontato gli anni del nostro scontento, dal '15 al '45, anche un plauso quasi unanime.

A lei non piacciono le bandiere, vero?

No. Neanche quelle nostrane. Hanno sempre un carico molto complesso di significati.

E in questo caso?

Non capisco bene la logica. Perché ricordare un'entrata in guerra e non solo l'uscita ad esempio. Capirei di più una vittoria, punto. E poi quella dell'Italia fu un'entrata non unanime. Ci fu un dibattito che spaccò il Parlamento in due. Anche allora le ragioni e i torti confliggevano.

E adesso?

Se posso permettermi un paragone probabilmente ingeneroso nei confronti di Renzi, direi che mi sembra una decisione craxiana. Un po' troppo mascellare. O muscolare.

Cosa manca?

Una riflessione sul significato di quella guerra, non solo su tutte le guerre. Il contesto in cui nacque, le contraddizioni.

Si voleva solo ricordare una data. Tutta Italia è piena di convegni, riflessioni critiche per questi 100 anni...

Ma qui è un'Italia un po' particolare, non lo si dovrebbe mai dimenticare. Non è possibile non pensare che il tricolore non è lo stesso a Firenze e a Bolzano. E che a Bolzano il 1915 è l'inizio di una frattura senza pari nella storia del Sudtirolo.

E gli storici?

Ormai c'è molto spazio per l'antiretorica. Anche la storia del cambio di alleanze, del "tradimento" italiano. E' chiaro oggi che gli Imperi centrali frustrarono le ambizioni italiane a proposito di un possibile ritocco dei suoi confini etnici. Avessero concesso subito Trento e Trieste, Roma avrebbe potuto restare neutrale e Bolzano restare dov'era. Insomma, non è tempo di torti o ragioni da distribuire. Ma neppure di pretendere che anche a Bolzano si ricordi col tricolore un evento che moltissimi sudtirolesi ritengono luttuoso".

E poi c'è l'idea della bandiera come vessillo identitario...

E questo è l'altro aspetto. È comunque una dichiarazione antipacifista. Naturalmente la Pinotti o Renzi non sono guerrafondai ma è inevitabile il richiamo in certe occasioni.

E dunque?

È una questione di sensibilità. Sarebbe bastata una dichiarazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per dirne una, in cui ci contestualizzasse la data. Oppure si chiedesse di esporre a fianco anche la bandiera dell'Alto Adige per dare un senso di nuova unità nella diversità. Insomma, il significato sciovinista dell'operazione, probabilmente non voluto, è dietro l'angolo. E la percezione che se ne è avuta a Bolzano è conseguente. Per cui non mi sento di dire che Kompatscher ha torto. Anche se uno storico non vorrebbe mai ridurre tutto a politica. Ma quando ci sono di mezzo le bandiere il rischio di chiudere tutti gli altri spazi è grande...".

©RIPRODUZIONE RISERVATA

(p.ca.)













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