Macché invasione: i cinesi in città sono solo lo 0,6%

Uno studio della Lub svela la vera natura dei nuovi bolzanini Sono 633 e gestiscono ben 51 bar e 32 ristoranti


di Davide Pasquali


BOLZANO. Quanto influisce, numericamente parlando, la comunità cinese su quella bolzanina? Poco, molto poco, soltanto lo 0,6%. Sono infatti soltanto 633, su 105.713 abitanti, i cittadini cinesi residenti nel capoluogo.

Lo spiega il sito internet www.repubblicapopolaredibolzano.it, frutto di un progetto di visual journalism messo in piedi con il supporto di ricercatori della Lub, giornalisti, antropologi, grafici e fotografi (Matteo Moretti, Fabio Gobbato, Sarah Trevisiol, Gianluca Seta, Daniel Graziotin, Claudia Corrent, Melani de Luca, Sarah Orlandi).

Lo scopo dello studio? Svelare per così dire la vera natura dei cinesi bolzanini o dei bolzanini cinesi che dir si voglia. Primo risultato: contrariamente al resto del mondo, a Bolzano non possiamo vantare né un’invasione cinese, né una Chinatown. Anzi, «la comunità cinese è così piccola e parcellizzata che non si riesce a capire perché spesso si gridi all’invasione».

Gli inizi. Tutto inizia intorno al 1900, si spiega nel sito, quando i primi cinesi, originari dello Zhejiang, si interessano all’Italia. La regione di provenienza è grande poco meno del nord Italia. Negli anni successivi si sono interessati al nostro paese anche i vicini dello Fujian, anche se tuttora la maggioranza dei cinesi arrivati in Italia proviene dallo Zhejiang. La maggior parte dei cinesi italiani proviene dunque dalla medesima area, grande quanto Lombardia e Piemonte messi assieme, ma con una popolazione pari a quella dell’intera Italia.

Oggi. A Bolzano risiedono 633 cinesi (sono lo 0,6% della popolazione, mentre in Italia rappresentano l’1,9%). La loro migrazione è iniziata circa venti anni fa, ma solo negli ultimi dieci anni si è vista una vera crescita in termini di presenza umana e di attività commerciali aperte.

Seconda generazione. Nel 2014 a Bolzano sono nati 16 bimbi da genitori cinesi, che potranno un giorno scegliere se diventare italiani o mantenere la cittadinanza cinese, dato che la repubblica popolare cinese non consente la doppia cittadinanza. Con l’aumentare dei residenti cinesi si è incrementato anche il numero di cinesi di seconda generazione.

Ma chi sono? A parte i numeri, chi sono i cinesi di Bolzano? I ricercatori ne hanno intervistati otto, un piccolo gruppo che non può ovviamente rappresentare appieno i 633 effettivamente residenti. Le interviste video però, visibili sul web, possono dare un’indicazione su chi siano, cosa abbiano vissuto e cosa pensino. Si è così trovata una per certi versi inattesa varietà di storie, fatte spesso di sacrifici e dedizione che, inevitabilmente, scatenano un confronto con noi, il nostro approccio alla vita e la nostra cultura.

Numeri, nudi e crudi. Analizzando i numeri nudi e crudi si scopre che nel capoluogo le imprese con titolari cinesi sono solo 126 su quasi 10.000. In maggioranza si tratta di bar e ristoranti (il 64% del totale); una piccola parte sono negozi di abbigliamento, parrucchieri, drogherie, alimentari e sale giochi. Ma non sarebbe corretto parlare solamente in termini assoluti di aziende cinesi. Andando infatti ad analizzare il dettaglio, si scopre un dato interessante: sebbene sul totale delle imprese le aziende cinesi rappresentino solo l'1,3%, comparando il settore commerciale dei soli bar, scopriamo che il rapporto è differente. Infatti su 441 bar, 51 sono gestiti da persone di nazionalità cinese, esattamente l'11,5%. Anche sul fronte ristoranti, i dati rivelano una normale attività commerciale, ben diversa dunque dall'invasione: su 261 ristoranti locali, solo 32 sono cinesi, ossia l’11,5%. Rispetto ad altre comunità ben più numerose - spiegano i ricercatori della Lub - i cinesi lavorano come imprenditori nell'ambito di attività al dettaglio e ciò implica che siano più visibili ad esempio dei bolzanini rumeni o albanesi che lavorano magari in cantieri o in aziende agricole.

Nessuna China Town. Nella mappa interattiva pubblicata sul sito web del progetto si mostra come a Bolzano non esista un quartiere cinese, ma le attività, e quindi anche le abitazioni, di cui poco sappiamo, siano distribuite su tutta la città in maniera uniforme e parcellizzata. «Più che a un’invasione, assistiamo invece ad un’integrazione senza precedenti, forse unica nel panorama nazionale», come sostengono i ricercatori. Inoltre, Bolzano ha visto una graduale crescita di attività registrate a nome di cinesi, ma sono sparse in tutta la città, alla pari delle abitazioni occupate dai cinesi, non certo rinchiuse entro quartieri circoscritti. «Nemmeno la comunità sembra essere poi così chiusa su se stessa».

Nomi e storie. C’è chi come Massimo intende rimanere a Bolzano, anziché tornare in Cina (come prevede la tradizione all’età della pensione). Oppure Hongling, la quale confida che qui ha acquisito autoconsapevolezza e libertà di pensiero, e che non è certa di poter vivere allo stesso modo in Cina. E poi c’è Yanghui che si definisce bolzanino a tutti gli effetti, preferendo servire bratwurst in un chiosco, piuttosto che proseguire l’attività di ristorazione tradizionale dei suoi genitori.

Le conclusioni. Alla fine di mesi di ricerca si è evidenziato come siano soprattutto i giovani a guidare la comunità cinese verso una per così dire nuova tradizione, in cui le generazioni si scontrano e i valori si mischiano, dando vita a nuove forme d’identità. Nascono gelaterie, rosticcerie e parrucchieri, ma al contempo si formano ricercatori e studenti universitari che collezionano successi accademici, senza sussidi o aiuti, ma solo grazie alla propria forza di volontà. Come racconta Ju Wu, «a confronto con la prima generazione, oggi i giovani di origini cinesi sono tutti scolarizzati».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

l’editoriale

L’Alto Adige di oggi e di domani

Il nuovo direttore del quotidiano "Alto Adige" saluta i lettori con questo intervento, oggi pubblicato in prima pagina (foto DLife)


di Mirco Marchiodi
Gli interventi

Svp, l’ex Obmann Achammer: «È stato un onore. Il partito è un esempio di raccolta»

Achammer: «La Svp è nata dalla resistenza. Per questo dobbiamo prendere parola quando un consigliere dice che politici dovrebbero essere mandati a lavorare in miniera. È vergognoso che queste parole vengano applaudite» riferendosi a quanto detto da Jürgen Wirth Anderlan

TAJANI Il vicepremier: «Con Steger la collaborazione sarà ottima» 
DORFMANN «Con il nazionalismo non si va da nessuna parte»

Attualità