Maltempo, danni per milioni in Alto Adige

Oltre 300 interventi per i vigili del fuoco in tutta la provincia. Alberi cadono sulla cabinovia a Nova Levante, ma oggi l’impianto tornerà in servizio. Chiusa la strada per l’Alpe di Siusi, che riaprirà domani. Nel capoluogo ripulite le strade


Sara Martinello


BOLZANO. Se volessimo trovare un’immagine simbolo della spaventosa tempesta dell’altroieri, potremmo cercare nella zona di Carezza, dove il vento ha schiantato gli alberi sui cavi della cabinovia Laurin I. Oppure a Bolzano. Viale Europa devastato, il cedro del libano riverso su piazza Vittoria, i sette alberi giovani, sani, sdraiati al suolo a un passo dal parco giochi di Casanova. Il giorno dopo, comincia la conta dei disastri. Solo il Servizio strade della Provincia stima danni per 500mila euro, in larga parte alle reti paramassi. Con quelli arrecati a edifici e beni privati, si arriverà a una cifra a sei zeri.

Le zone più colpite

Il bollettino riporta 4.500 fulmini, raffiche di vento sopra i 90 chilometri orari, pioggia fino a 30 millimetri per metro quadrato e in alcune aree chicchi di grandine grossi come noci. Le aree più vessate sono Terlano, Bolzano, la val d’Isarco e la val di Vizze, le zone intorno a Brunico e Dobbiaco.

Gli interventi in provincia

I 1.500 pompieri volontari hanno portato a termine più di 300 interventi. All’inizio della Vallunga gli abeti rossi sono venuti giù come birilli. Un migliaio di passeggeri sono rimasti fermi al Brennero per guasti sulla linea tirolese. Disagi anche lungo la ferrovia della val Pusteria, sulla ferrovia del Renon e sulla funicolare della Mendola. La sindaca di Castelrotto Cristina Pallanch ieri segnalava la chiusura - possibile frana - della strada per l’Alpe di Siusi fino a domani.

Le cabinovie

Oggi dovrebbe tornare in servizio la cabinovia Laurin I, tra Nova Levante e la malga Frommer. «L’impianto era vuoto ed era appena stato fermato proprio a causa del maltempo», racconta Florian Eisath, direttore degli impianti di risalita Carezza Dolomites, «A causa del peso di 4-5 alberi che si sono appoggiati sulla fune, la cabina si è abbassata. Non sono stati registrati danni strutturali».

Sul versante trentino, invece, 50 persone sono rimaste ferme nelle cabinovie che da Predazzo salgono sul Latemar, a causa del vento e di alcuni alberi caduti.

Bolzano: alberature e tetti

L’ingegner Giuseppe Felis, ispettore del Corpo permanente dei vigili del fuoco, ieri contava 190 interventi nella sola conca bolzanina. Il grosso è stato nei nuovi quartieri, ma il vento ha sferzato anche le zone centrali, dove sono concentrati i cedri del Libano. «Hanno subito danni soprattutto le alberature», conferma Felis, «Alcuni tetti sono stati divelti e ci sono stati problemi con qualche camino e su alcune linee elettriche. Pochissimi gli allagamenti». Tra professionisti e volontari di Bolzano città, Gries e Oltrisarco sono intervenute venti squadre.

Al civico 64 di via Parma, i permanenti hanno dovuto allestire una copertura temporanea del tetto. Le raffiche di vento hanno scoperchiato edifici in via Martin Knoller, in via Castel Firmiano e a ponte Sant’Antonio, dove la copertura di una falegnameria – una superficie di centinaia di metri quadrati – è volata via. In parte anche nel Talvera. «I tetti lamierati sono vele. Reggono meglio quelli classici ricoperti di tegole, dove a muoversi possono essere i camini», spiega ancora Felis, «Quelle meno sensibili invece sono le coperture verdi, come a Firmian e a Casanova».

La tempesta dell’altroieri resta un evento di tutt’altra portata rispetto a Vaia, che solo a Bolzano città richiese 270 interventi. Furono tra i 240 e i 250 nei due casi dell’estate scorsa.

Quali alberi?

Nel pomeriggio di ieri, i pompieri erano ancora all’opera, con decine di telefonate di bolzanini preoccupati da alberi che all’improvviso da amici silenti si sono tramutati in sagome minacciose.

Ma sarebbe un errore madornale farsi prendere dalla paura. «Fughe in avanti sarebbero più che deleterie. Gli alberi hanno una funzione ecologica importantissima», avverte l’esperto forestale Mario Broll, già direttore della Ripartizione provinciale foreste, «In natura le radici possono estendersi quasi quanto la chioma, mentre in ambiente urbano canalizzazioni, marciapiedi, fibre ottiche limitano lo spazio, generando scompensi che poi si manifestano con gli eventi estremi, a seconda del contesto e della direzione del vento». Prendiamo i sette alberi giovani di Casanova: allevati in vivaio, hanno bisogno di anni prima di riuscire a estendere le radici. E i boschi? C’è qualcosa che possiamo fare? Sì, risponde l’esperto: «Probabilmente con l’intensificarsi di questi fenomeni meteorologici avremo foreste che rimarranno in piedi cent’anni anziché 250. Cambierà anche la composizione, manterremo una prevalenza di abete rosso ma con più larici, che sono una specie pioniera (che cresce su terreni superficiali, ndr), eliofila e rustica (resiste alle temperature alte e basse). Quindi, come abbiamo fatto alla Ripartizione foreste con Vaia, bisogna valutare caso per caso se un bosco si rigenererà da solo o se servirà integrarlo con piante di tipo pioniero».

 













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