Marklhof, addio al «regno della tartara»

La famiglia Oberhofer dopo 52 anni lascia la guida del ristorante, noto anche come “Bellavista”, celebre per la carne


di Alessio Pompanin


CORNAIANO. A bocca asciutta. Capita che anche dei miti, ritenuti inossidabili, eterni, si ritirino e lascino i loro ammiratori, come si suol dire, a bocca asciutta. Solo che stavolta la frase è letterale: senza girarci intorno, dal 4 novembre prossimo addio alla mitica tartara del Marklhof, o Bellavista che dir si voglia, di Cornaiano. Addio al piatto che ha reso celebre questo ristorante ma in generale addio al ristorante intero, almeno sotto la sua guida storica: Heinrich Oberhofer («ah, ma io dico sempre Enrico, tutti i tanti clienti di madrelingua italiana mi chiamano così»), il titolare, con il fratello Andreas in cucina e con tutto il suo staff chiude baracca e burattini e si gode il meritato riposo da pensionato. Ma quello del Marklhof è un crepuscolo anagrafico, perfettamente incastonato nella stagione autunnale, diverso da quello di un qualsiasi locale pubblico: qui c’è un pezzo di storia della gastronomia altoatesina che ha valicato i confini regionali e nazionali.

L’avvio, anni Sessanta. «Il locale - racconta Heinrich Oberhofer - lo hanno preso in gestione mio papà Andreas e mamma Adele, nel 1960. Lo stabile è dei canonici agostiniani del Convento di Novacella e il locale, con le abitazioni collegate, occupa metà della struttura. All’epoca la zona qui dell’Oltradige offriva praticamente solo cinque Gasthof, perchè allora il locale questo era. E infatti all’inizio la clientela arrivava soprattutto per merende, castagnate... Poi diciamo che ci siamo scoperti più ristorante e ci siamo sviluppati, in questo senso, proponendo una cucina tradizionale del territorio unita a quella classica mediterranea».

Se gli parli di nouvelle cuisine o di cucina gourmet d’alta gamma, Heinrich Oberhofer sorride apertamente e scuote la testa: «Macchè, noi siamo sempre rimasti sull’alta qualità ma sul mix di tradizione locale e nazionale. Poi, certo, siamo diventati famosi per la tartara, siamo noti soprattutto per quello».

L’epoca d’oro e la tartara. Intanto, scelta l’impostazione come ristorante (oggi il locale dà lavoro a una quindicina di persone per un’ottantina di coperti), il Bellavista viene conosciuto soprattutto con il nome originario, Marklhof, «perchè - spiega Oberhofer - nel frattempo avevano aperto altri Bellavista in giro e noi non volevamo che la gente si confondesse». Quanto alla tartara, se gli chiedi il segreto, Heinrich, parlando per conto del fratello Andreas, cuoco insieme alla moglie Maria, dice solo che «non c’è, il solo elemento fondamentale è la carne fresca di manzo, poi il resto sono gli ingredienti classici della tartara». Sarà, eppure quella del Marklhof resta un mito. Tanto che, ancora Oberhofer, «mediamente ne abbiamo fatte otto - novemila all’anno, con punte di 10.000 nelle stagioni top. Spesso infatti il Marklhof è stato un riferimento per pranzi di battesimo, comunioni, cresime, anche matrimoni».

I tempi cambiano. Il tempo passa per tutti (Heinrich ha 70 anni, Andreas 65) e le magagne fisiche si fanno sentire. «Poi quest’anno, in maggio, è morta mia moglie Ilse - racconta Heinrich con un velo di tristezza - e anche questo mi ha spinto di più verso la voglia di prendermi un po’ di riposo. Poi, certo, è innegabile che la crisi si faccia sentire sulla clientela, sui costi di mantenimento di tutto un locale, il canone di affitto che ci chiedono i padri agostiniani diventa... impegnativo, anche se siamo sempre stati in ottimi rapporti, anzi li devo ringraziare. Ma non è questo, è che è ora di godersi un po’ di relax, anche se tanti clienti che hanno saputo della chiusura, per scherzo mi chiedono: “Come facciamo adesso? Vieni a farci la tartara a casa...”. E anche dall’Azienda turistica di Appiano mi hanno detto che sono dispiaciuti perchè il nostro locale è sempre stato un bel biglietto da visita promozionale».

Qualcuno gli subentrerà? La figlia Katrhin, che guida poco più a sud la Tenuta (enoteca-ristorante, peraltro) Pillhof, ha declinato l’invito, «un paio di persone sono venute a vedere il locale, a prendere informazioni. Ma questo non è un problema mio, ormai», dice Heinrich. Che in chiusura si raccomanda di riportare un suo pensiero, ribadito più volte nella chiacchierata extra-intervista: «Il mio ringraziamento più grande va alla clientela di madrelingua italiana, alle famiglie soprattutto di Bolzano: grazie a loro, alla loro fiducia, la nostra tartara è diventata un classico».

Sul quale, alla fine del pranzo di domenica 4 novembre, calerà il sipario.

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