Messner: «Conta più il lavoro dell’etnia»

Il Re degli Ottomila: «La Svp deve guidare la riforma dello Statuto ma senza farsi prendere dall’ansia di seguire la destra»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «L'autonomia? Non c'è bisogno di spingerla a cambiare. È nella sua natura non essere definitiva. Cambierà da sola. E continua a farlo». Anche Messner cambia. Trent'anni fa il verdissimo Reinhold litigava con Magnago, adesso guarda a Kompatscher e dice: «Ci porterà fuori dal guado».

Da sola da sola... o serve accompagnarla l'autonomia?

«Oggi sono le famiglie miste ad avere successo. E una delle ragioni del successo del Sudtirolo è che sta in Italia e si parla anche italiano. I giovani non guardano più all'etnia ma al lavoro. Se l'autonomia cambia osservando quello che le succede intorno va nella direzione giusta».

Ma lo Statuto è lo stesso di 30 anni fa.

«Si rivolgeva a una figura iconica: il contadino sudtirolese parlante tedesco. Va cambiato per registrare l'avvento di una società nuova. Mista e ormai quasi trilingue».

Modelli?

«Guardo ad Achammer. È aperto e giovane. Mi sembra mentalmente libero, non legato a schemi etnici. Se penso a Magnago è un altro mondo».

Ma questo è un atto di fede nella Svp...

«E perché no? Osservo il mondo tedesco e vedo che appena c'è qualche problema la Klotz o i suoi eredi e i Freiheitlichen subito urlano: via dall'Italia, secessione! E invece la Svp dice: calma, ragioniamo. Ecco, questo mi piace».

Reinhold Messner dall'opposizione alla condivisione.

«Tutto è cambiato. Adesso c'è una università trilingue e ci sono scuole che fanno l'immersione».

Che la Svp guarda male...

«Ma non fa più guerre di religione. Vedrete che le cose si ammorbidiranno. Tanti italiani, ad esempio, hanno votato Durnwalder. E ora che c'è Kompatscher che volete, che mi metta io a litigare con lui?».

A lei piace vero?

«Certo. Non fa proclami e cerca di tenere insieme i gruppi etnici. Nel suo partito non tutti la pensano così ma lui guida il partito».

Cosa gli consiglierebbe per riformare l'autonomia?

«Gli offro una risposta pratica e una politica. Quella pratica è di stare vicino alla società che cambia. Le cose migliori il Sudtirolo le fa quando si apre alle lingue, guarda alla nuova economia e ai giovani. Quella politica è che la Svp deve guidare la riforma dello Statuto con equilibrio. Non farsi prendere dall'ansia di seguire a destra le opposizioni ma tenere insieme provincia, Stato e Europa».

Con lo Stato ci sono problemi.

«Roma deve chiedersi: perché l'Italia è in crisi e invece Bolzano no? Ecco, questo nostro modello di sviluppo e di buona amministrazione non deve essere attaccato così, per gusto. Per metterci in mezzo alle altre speciali. Noi diamo allo Stato tutto quello che possiamo, la Sicilia invece no. Deve esserci una differenza di rapporti».

E il "suo" Kompatscher?

«Può contare sull'amicizia con Renzi che è giovane e nuovo come lui. E anche se in politica l'amicizia si ferma ai rapporti personali mi pare che i due si possano capire anche nelle cose da fare».

E poi c'è Zeller...

«Lui si muove bene nei corridoi romani. Sa fare il suo lavoro. Anche se tanti gli danno contro è un ottimo partner per Kompatscher».

Roma sbaglia a chiedere di più?

«Sbaglia perché anche l'Alto Adige ha i suoi equilibri. Non si può andare oltre con i tagli. Ha un mare di competenze. Se va in crisi Bolzano non è che Roma ci guadagni. A questo deve pensare».

E Bolzano?

«A essere solidale ma anche a difendersi. Immagino che troverebbe la solidarietà di tutti gli altoatesini non solo dei sudtirolesi se lo facesse anche con durezza».

Cosa serve per affrontare questo mondo complicato in anni di crisi?

«Puntare sulle capacità di innovazione delle nostre aziende migliori. Sono loro che fanno Pil, non l'impiego pubblico. Risparmi in burocrazia e non in investimenti. E poi il turismo. Se va bene è come fare export. I soldi che guadagnamo dai turisti stranieri e come esportare prodotti».

Ma non va già bene?

«Non abbastanza. Apriamoci anche agli americani. E al resto del mondo non solo all'Europa. Ma questi dovranno trovare un Sudtirolo ancora più aperto e accogliente».













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