Migranti, contributi solo a chi si integra

La svolta della Provincia: le prestazioni saranno legate allo studio della lingua e corsi sulla cultura locale


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Arriva la svolta della Provincia sul welfare ai migranti. Si chiama «Patto per l’integrazione». Significa che alcune prestazioni sociali non essenziali verranno garantite solo ai cittadini stranieri (extra Ue) che dimostrino la volontà di integrarsi. E questa disponibilità a «diventare membri a tutti gli effetti della nostra società», dice l’assessore Philipp Achammer, si misurerà con la partecipazione a corsi (gratuiti) di lingua e corsi di integrazione e orientamento, «importanti per conoscere la realtà in cui viviamo, la nostra cultura e le tradizioni». Se ne parla da diversi mesi. Ora il testo è pronto. Tra oggi e domani il consiglio provinciale discuterà il disegno di legge Omnibus che contiene la modifica firmata da Achammer alla legge sull’integrazione del 2011. «La giunta fa la faccia cattiva sui sussidi per immigrati», è la critica dei Verdi. Achammer replica. «C’è chi dice che serve più decisione, chi dice che siamo troppo duri. Noi crediamo che questa sia la strada giusta».

Dopo ripetuti pareri legali (misure analoghe in passato sono state impugnate e cassate) questa la rivoluzione su welfare e integrazione. Achammer è esplicito: «Non c’è alternativa all’integrazione. Non vogliamo ritrovarci con quartieri ghetto, non vogliamo vivere come mondi separati. Dobbiamo vivere insieme, conoscerci e capirci». Ma non tutti sono disponibili. «E allora serve una spinta». Per garantire un percorso di integrazione degli stranieri con residenza o dimora stabile, la Provincia intende vincolare alcune prestazioni non essenziali alla frequentazione di corsi di lingua («non chiederemo certo di raggiungere livelli ottimali di conoscenza») e di orientamento. Se non ti integri, niente welfare «secondario». Achammer precisa che la legge non tocca le prestazioni essenziali, ma misure suppletive come l’assegno familiare, il contributo per l’affitto o l’assegno di cura. Il disegno di legge fissa solo il principio base. Se la legge verrà approvata dal consiglio provinciale e se non verrà impugnata, allora la giunta stenderà i regolamenti che tradurranno in pratica il «patto per l’integrazione», fissando le prestazioni interessate e i corsi richiesti.

Anticipa Achammer: «Non tutte le prestazioni secondarie saranno legate alla frequentazione dei corsi. Credo che si inizierà con l’assegno familiare, la misura più coerente da legare al percorso di integrazione delle famiglie». Su questo punto Achammer insiste: «È importante che siano coinvolti tutti e penso in particolare alle donne». Altra novità: il disegno di legge prevede che «anche la forma di erogazione delle prestazioni può essere configurata in modo tale da favorire l’integrazione». Significa, traduce Achammer, che alcuni contributi potranno essere erogati non sotto forma di denaro, ma come «servizi, ad esempio le rette delle scuole materne e delle mense». Si parla di patto, chiarisce, «perché l’integrazione richiede lo sforzo di tutti. All’impegno dei migranti si affianca quello dell’amministrazione provinciale, che finanzierà i corsi, come già sostiene molte attività legate all’integrazione, dal sociale al lavoro alla scuola. I Verdi Riccardo Dello Sbarba, Brigitte Foppa e Hans Heiss anticipano la contrarietà a questa svolta: «Una simile norma, che crea un trattamento differenziato tra persone nella stessa condizione, è costituzionale? Tutto questo non è chiaro, nonostante questi cambiamenti rappresentino un intervento pesantissimo nella vita di migliaia di persone. Tra l'altro, questa misura interessa in massima parte persone immigrate che vivono da noi e con noi da anni e sono già perfettamente integrate: lo dovranno dimostrare per l'ennesima volta? Costringere le persone con minacce di questo tipo, o addirittura togliere loro fondamentali sostegni economici e condannarle a uno stato di indigenza non ci sembra davvero un bel modo di fare l’integrazione».

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