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Minacce anarchiche al manager Iveco, indagini aperte sul «postino» 

Rafforzate le misure di sicurezza al dirigente minacciato di morte e allo stabilimento di via Volta: il manager è torinese ma vive a Bolzano. Verifiche sulla lettera e sulle telecamere della zona. Solidarietà del sindaco Caramaschi e del sindacato



BOLZANO. La matrice è anarchica, il «postino» anonimo. I dubbi gettano ancora più ombra sulle minacce di morte e il proiettile all’interno di una lettera recapitata giovedì alla sede dell’Iveco, a Bolzano. Il destinatario delle intimidazioni firmate Fai (Federazione Anarchica Informale) è un alto manager dell’azienda. Si tratta di un torinese, che vive a Bolzano, responsabile del comparto Defence Vehicles, al quale sono stati rafforzati i controlli nelle ultime ore: è protetto da un agente, ma presto potrebbe essere affiancato da una vera e propria scorta. Rafforzate anche le misure di sicurezza nello stabilimento. La Digos, nel frattempo, prosegue le indagini per stabilire chi abbia imbucato la missiva. Il fatto che sia priva di timbro postale lascia aperta ogni strada. Persino quella locale, che però rimane la più remota. Gli inquirenti guardano altrove. A Rovereto, per esempio, dove vi è uno dei gruppi anarchici più attenzionati e pericolosi a livello nazionale. Il laboratorio di analisi scientifiche della polizia sta analizzando eventuali impronte o tracce.

Sotto analisi anche le telecamere della zona, ritenute un elemento fondamentale dall’ufficio politico della Questura. Il proiettile calibro 22 - su cui sono in corso ulteriori verifiche - non presenta alcuna correlazione con quello recapitato alla nostra redazione, oltre un anno fa.

Le reazioni

Nella sede di via Volta le centinaia di dipendenti sono regolarmente al lavoro. Ma è chiaro che le minacce al dirigente hanno scosso l’ambiente Iveco. davanti all’ingresso della fabbrica nessuno rilascia dichiarazioni. «Non possiamo parlare», dicono impiegati e operai superando il grande cancello. gli investigatori hanno preso sul serio le minacce, nessuno sembra pensare ad uno scherzo. le indagini sono affidate alla procura di Trento, dove ha sede la direzione distrettuale antimafia.

Numerosi messaggi di solidarietà da istituzioni e sindacato. «Condanno questo vile ed increscioso gesto, rivolto ad una persona che guida uno stabilimento prestigioso e all'avanguardia in campo internazionale», dichiara il sindaco Renzo Caramaschi, «non solo nella produzione di veicoli e mezzi militari, ma soprattutto nel settore della protezione civile, garantendo considerevoli livelli occupazionali nel capoluogo altoatesino». Nei prossimi giorni il primo cittadino incontrerà personalmente il manager dell'Iveco all’interno della sede.

Marco Bernardoni, delegato Fiom, ci tiene a smentire alcune voci circolate ieri: «Qualcuno ha affermato che ai dipendenti era stato chiesto di togliere badge e vestiti dell’azienda, per essere irriconoscibili. Non c’è nulla di vero. La pressione all’interno c’è ed è normale che ci sia, dopo un evento del genere». Secondo Giuseppe Pelella, segretario provinciale della  Uilm, sono fatti «inaccettabili, non c’erano segnali che facessero pensare a tutto ciò, se non qualche manifestazione pacifica. Mi auguro che siano già in atto tutte le misure di sicurezza. Condanniamo il gesto, ma è persino superfluo sottolinearlo. L’origine? Non credo nel nostro territorio, mi auguro che non si spingano oltre».

Intervengono anche il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia e il segretario nazionale Ferdinando Uliano: «Episodi che nella loro gravità fanno venire alla mente gli anni più bui della nostra democrazia, gente intollerante al confronto democratico e alle regole civili. Delinquenti che minano il vivere pacifico e democratico, nascondendosi dietro sigle anarchiche e insensate rivendicazioni, facendo un uso sistematico e vigliacco della violenza».

 













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