Mostre: Valie Export, sfida al potere

Al Museion di Bolzano le grandi installazioni e le foto dell'artista austriaca


Denis Isaia


BOLZANO. Si è dovuto chiedere il permesso alla questura. Come per una manifestazione. Parliamo di «Kalashnikov», la grande installazione di 109 fucili e olio esausto che domina il piano terra di «Tempo e Controtempo», la mostra di VALIE EXPORT (lo pseudonimo, ripreso da una marca di sigarette, va scritto maiuscolo) che il Museion ha inaugurato.

Dopo il Lentos Kunstmuseum di Linz e il Belvedere di Vienna, la retrospettiva dedicata all'artista austriaca e alla sua quarantennale carriera, giunge a Bolzano per il pubblico dell'Alto Adige e tutti gli interessati che abitano al di qua delle Alpi. Una serie di passioni rianimate dalle cronache che smuovono la politica nazionale. Come abbiamo già avuto modo di raccontare in queste pagine in una intervista all'artista, linguaggio, potere e corpo, sono da sempre al centro della ricerca di VALIE EXPORT.

Le sue fotografie di donne guerriere hanno scalzato l'immaginario femminile casalingo premoderno e sono entrate di diritto nell'iconografia dei movimenti antagonisti che negli anni '70 rivendicano per la donna ogni forma di schiavitù.

Anche la mostra al Museion, per quanto cerchi di smarcarsi dalle immagini più note dell'artista, non può fare a meno di ricordarle. Ma il cuore espositivo è dedicato ad altro. A giocare la parte da protagonista sono le grandi installazioni che si integrano bene negli ampi spazi aperti del Museion.

Se al Belvedere il ritmo della visita era costretto dal susseguirsi delle stanze e a Linz le opere pativano l'eccessiva confusione dell'unica sala espositiva, a Bolzano i curatori - Letizia Ragaglia e la stessa artista - hanno costruito una scenografia di grande impatto visivo. L'indicazione emerge subito. Al piano terra, neanche il tempo di avvicinarsi alla cassa per pagare i sei euro del biglietto intero (3 euro per il ridotto) e si è ricevuti da «Die Macht der Sprache» (Il potere del linguaggio).

La videoinstallazione, già mostrata in Italia alla Biennale di Venezia di quattro anni fa, visualizza su sei monitor le riprese mediche della glottide di un uomo mentre pronuncia la frase «La potenza del linguaggio si misura sulla base della traccia che lascia anche molto dopo la sua scomparsa». Ispirato direttamente agli appelli di Bush per la guerra al terrorismo, il lavoro cerca una connessione diretta fra carne e potere, lingua e violenza. La violenza come strumento di continua coercizione, è il filo rosso che percorre tutto il primo piano.

Kalashnikov, di cui si è già detto, è una installazione anche olfattiva che riconduce le argomentazioni sulla guerra agli interessi racchiusi nella piramide armi, petrolio e denaro. Fa coppia, qualche metro più avanti con «Delta. Ein Stück» (Delta. Un pezzo) - una serie di fotografie tratte dall'omonima performance in cui l'artista ha vestito un giogo per animali - e con l'impressionante «Nadel» (ago): un'opera fatta di tre aghi di circa due metri che colpiscono ossessivamente il pavimento del Museion e con il loro potente frastuono fanno dell'intero edificio la cassa di risonanza della critica tanto semplificata quanto concreta e diretta dell'artista austriaca.  Abbandonato il piano terra ci si sposta al quarto.

Lì la forza dell'installazione in quanto linguaggio da il meglio di sè. Ritorna il tema dell'ago: la ripetitività meccanica che a cavallo fra '800 e '900 ha mobilitato e unito, per la prima volta nella storia moderna, gruppi di donne pronte a rivendicare diritti e libertà, è riassunta in 45 monitor che trasmettono il movimento ascendete e discente di un ago industriale. In mezzo a questo coro si raccoglie «Fragmente der Bilder einer Berührung» (Frammenti di immagini di un contatto): un gruppo di lampadine che scendono con ritmo lento e regolare in dei contenitori di cristallo riempiti con olio esausto, latte e acqua. Che cos'è? Una litania per al passato industriale del Novecento? Un rimando all'allattamento e dunque un omaggio alla fatica delle madri o un attacco, questo sì sofisticato, alla apparente neutralità della ricerca scientifica? Le domande potrebbero essere anche altre, ma di certo questa installazione si candida ad essere il centro anche della mostra: una sorta di summa della ricerca dell'artista.  Ai lati, al visitatore restano altre sorprese: la famosa immagine di «Aktionshose: Genitalpanik» (Pantaloni d'azione: panico genitale) del 1969, riprodotta in più versioni, le crude «Kinderzeichnungen», i disegni infatili, le enigmatiche «Körperkonfigurationen» (Configurazioni del corpo) o il programma video che ogni giovedì dalle 19 alle 22 sarà possibile vedere nella sala proiezioni del Museion; in occasione del finissage, il 28 aprile, ci sarà una serata di «Expanded Cinema» con l'artista.

La mostra VALIE EXPORT: «Tempo e Controtempo» resterà aperta al Museion di Bolzano fino al 1º maggio 2011; martedì-domenica 10-18, giovedì 10-22 (giovedì dalle 17 alle 22 ingresso libero).

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