la sentenza

Muore per un ricovero ritardato, l’Asl altoatesina condannata a pagare 

La donna, 62 anni, uccisa da una setticemia. Il marito ha ottenuto in primo grado un risarcimento danni di 1.488.962 euro. L'Azienda sanitaria impugna il verdetto 


Mario Bertoldi


BOLZANO. L’Azienda sanitaria dell’Alto Adige è stata condannata in sede civile al pagamento di poco meno di un milione e mezzo di euro (1.488.962,79) per presunte responsabilità nella morte, avvenuta il 22 gennaio 2011, di una paziente di 62 anni deceduta a seguito di una terribile setticemia, scatenatasi dopo un intervento oncologico.

Un vero e proprio dramma che portò al decesso, dopo una degenza alquanto dolorosa in ospedale, di Christel Siering, 62 anni di San Giacomo. L’Azienda sanitaria ha sempre rifiutato qualsiasi ipotesi risarcitoria ed anche ora, nonostante la sentenza di primo grado (della giudice Ulrike Ceresara) sia provvisoriamente esecutiva, ha scelto semplicemente di resistere e di impugnare il verdetto in appello. Nel 2010 la vittima si sottopose all'ospedale di Bolzano ad intervento chirurgico per l'asportazione di un piccolo tumore maligno al seno destro. L'asportazione del carcinoma riuscì perfettamente e tutti gli esami diagnostici di controllo indicarono l'assenza di cellule tumorali in circolazione. Fu però il decorso post operatorio a innescare quella che sarebbe diventata una trappola mortale.

Tutto ebbe origine da un vistoso ematoma provocato da una emorragia che si sviluppò sui due seni e sulla parte posteriore della scapola destra. Secondo Roberto Benetti, marito della donna (che attende giustizia da più di dieci anni ed è assistito dall’avvocatessa Elena Valenti), la situazione non sarebbe stata affrontata con la necessaria attenzione da nessuno dei medici che seguirono l'evoluzione post operatoria. Nessuno dei sanitari intervenuti, stando alle accuse dei familiari di Christel, riuscì a capire la gravità della situazione: la parte colpita dall'ematoma, infatti, si era gonfiata ed il dolore al braccio era sempre più forte. Nonostante questo alla malcapitata fu prescritto semplicemente un massaggio linfodrenante. A metà gennaio del 2011, però, la situazione precipitò. La donna fu colpita da febbre alta e dolori. Una situazione che preoccupò seriamente il marito il quale la mattina del 17 gennaio 2011 segnalò al telefono le condizioni della moglie alla Divisione oncologia dell’ospedale di Bolzano ove la signora Christel era ormai conosciuta. Secondo la sentenza, fu quella la fase decisiva della tragedia.

In effetti gli accertamenti appurarono che nonostante il marito avesse segnalato che la consorte evidenziasse febbre molto alta con vomito, diarrea e forte dolore al braccio sinistro (sintomi che avrebbero dovuto subito far ipotizzare una situazione settica in una paziente reduce da un intervento chirurgico) all’uomo venne consigliato di far visitare la consorte al medico di base. Solo successivamente (e dopo alcune ore) la donna venne ricoverata d’urgenza all’ospedale con una diagnosi raggelante: setticemia e trombosi al braccio sinistro. Da quel momento la disavventura della signora Christel diventò un vero e proprio calvario. Per giorni la donna venne sottoposta a terapia intensiva. Per continuare a sperare e combattere gli effetti della setticemia alla paziente vennero amputati tre arti ormai andati in cancrena e cioè entrambi i piedi ed il braccio sinistro. La situazione risultava talmente compromessa che sopraggiunse anche la degenerazione del sistema nervoso periferico e dei muscoli. In sentenza la giudice Ulrike Ceresara sottolinea che la descrizione dei sintomi segnalati dal marito della paziente «avrebbe dovuto indurre il sanitario, se fosse stato diligente ed attento, a disporre il ricovero ospedaliero immediato». In effetti studi specifici dimostrano una forte correlazione tra tassi di sopravvivenza e un precoce riconoscimento e trattamento (con target emodinamici specifici e terapia antibiotica) della malattia settica: ogni ora di ritardo, soprattutto nell’impostazione della terapia antibiotica, aumenta il rischio assoluto di mortalità del 7,6%. Ecco perché le ore perse per rivolgersi al proprio medico di base sono state considerate determinanti: con un intervento sanitario subito mirato la signora Christel Siering avrebbe potuto non solo salvarsi ma anche evitare la fase disperata e dolorosissima delle amputazioni.

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