Museion, il wi-fi negato spacca la città

Tra chi plaude all’iniziativa e chi accusa di fascioleghismo, la decisione riapre il dibattito sull’integrazione dei migranti


di Alessandro Bandinelli


BOLZANO. Non si placano le polemiche dopo la chiusura del wi-fi al Museion, tra chi accusa l'istituzione di insensibilità e chi invece trova la misura un efficace rimedio contro gli assembramenti che danneggiano l'immagine della città.

Guido Margheri Coordinatore di Sinistra Italiana-SEL parla di una misura inaccettabile che serve «per allontanare ospiti sgraditi, profughi, senza tetto, emarginati, sia stranieri che autoctoni. Anzichè risolvere in modo adeguato problemi, si preferisce erigere muri reali e virtuali contro le persone. Una scelta che rappresenta una vera e propria resa nei confronti degli estremisti fascioleghisti». In una nota la direttrice Letizia Ragaglia spiega che la misura di togliere il wi-fi si è resa necessaria dopo che «presenza dei migranti ha attirato altre persone, homeless, ubriachi in cerca di un luogo caldo, di un bagno, di una presa per ricaricare il cellulare».

«Bisognerebbe capire in che modo i profughi che usano la rete wi-fi abbiano attratto i senzatetto», dice Andrea Tremolada di Volontarius, il quale sostiene che questo non causerà disagi di comunicazione agli ospiti delle strutture di accoglienza: «Naturalmente noi nei centri abbiamo una rete internet, certo il wi-fi in città per i richiedenti asilo rappresenta un’occasione di uscire dalle strutture, non restare sempre chiusi e confrontarsi anche indirettamente con la città».

Oumar ospite dell'hotel Alpi spiega in che modo lui e alcuni suoi amici si sono procurati uno smartphone: «Ogni due settimane ci vengono dati 30 euro che messi insieme ad altre 6 o 7 persone fanno una cifra sufficiente per acquistare un telefono che poi usiamo in comune, finché dopo altre due settimane non siamo in grado di comprarne un altro e un'altro ancora. Nel giro di 3 o 4 mesi tutto il gruppo possiede un proprio telefono personale». «La questione del wi fi - dice don Mario Gretter, parroco italiano della parrocchia del Duomo di Bolzano - è solo una parte del problema. L’arrivo di queste persone è oramai una realtà consolidata non è più un emergenza, occorrono risposte strutturali, come ai Piani in cui il progetto dei mediatori che hanno coinvolto migranti e i bambini del quartiere ha risolto in parte i problemi. Inoltre, se queste persone avessero la possibilità di un’occupazione anche la questione della comunicazione di ridimensionerebbe». Intanto il neo fiduciario dell’Unione commercianti per il comune di Bolzano Simone Buratti ammette che la questione per gli esercizi commerciali è spinosa: «Il problema per alcuni commercianti che hanno le loro attività davanti a questi hotspot è sentito. L’umore di alcuni è che vi sia un danno di immagine, al di là che si tratti di profughi. Se avessi davanti al mio negozio sempre dieci quindici persone ferme, è chiaro che la mia attività ne risentirebbe».

Per Nadia Mazzardis della segreteria del PD la questione è complessa: «La soluzione non è fingere di nulla e lasciare a queste strutture il compito di gestire da sole situazioni complesse e non lo è nemmeno togliere il Wi-Fi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità