Muser: «Sia il Natale dell’accoglienza»

Dopo Bressanone, il vescovo aprirà le porte sante in Duomo a Bolzano (il giorno di Natale) e a Pietralba (a Capodanno)


di Davide Pasquali


BOLZANO. «È la prima volta nella storia della chiesa che si celebra il rito dell’apertura della porta santa non soltanto a Roma, nelle quattro basiliche papali, ma in tutto il mondo. E noi abbiamo scelto tre chiese, a Bressanone, Bolzano e Pietralba: la cattedrale, la concattedrale, e un luogo simbolo, il santuario più grande e importante della nostra diocesi».

È questa la vera novità, se così ci è concesso scrivere, del Natale 2015: l’apertura delle porte sante anche in Alto Adige. Lo racconta all’Alto Adige il vescovo Ivo Muser.

Ma cosa significa, per il credente, varcare una di queste porte sante per così dire diffuse? «Di per sé - chiarisce - la porta è un simbolo che viene capito da tutti. Noi tutti facciamo l’esperienza della porta, della porta sbarrata, della porta chiusa, della porta aperta, della porta accogliente, della porta che esclude. Si tratta di un simbolo altamente umano».

E varcare la porta significa «non concentrarsi su un atto simbolico. Abbiamo bisogno di simboli, ma i simboli vogliono, devono tradursi in qualcosa. Varcare la porta significa mi apro, mi lascio coinvolgere, vado verso l’altro».

E proprio per questo, la porta è un simbolo eloquente per descrivere la misericordia. «Perché la misericordia non è soltanto un po’ di compassione, un po’ di emotività, ma misericordia è accettare un dono, accettare la propria fragilità. Chiedo misericordia, mi metto di fronte all’altro proprio anche con questo atteggiamento: ho bisogno del perdono; ho bisogno dell’altro; ho bisogno della tua benevolenza».

Poi, anche, diventa atteggiamento concreto: «Ciò che ricevo, lo dono. E proprio per questo, direi, il significato più importante del giubileo della misericordia è il perdono». Mi lascio coinvolgere dall’altro. «Misericordia con il vicino, con il lontano. Penso anche che la misericordia debba coinvolgere il pensiero, il cuore, ma poi soprattutto la mano». Diventare una cosa molto molto concreta. «Posso stringere la mano, o posso rifiutare la mano. È tutto lì». Un tema piuttosto scottante, ultimamente, specie in Alto Adige, a seguito dell’ondata di profughi stranieri. «È proprio così: dobbiamo essere accoglienti. Essere aperti. Perché mi metto in un certo atteggiamento. Non chiudo gli occhi, li apro. Ti guardo negli occhi».

Tornando al giubileo, è davvero molto significativo che quest’anno, per la prima volta, si sia estesa per la prima volta a tutto il mondo l’apertura delle porte sante. «Molto bello, sì». Uno dei piccoli grandi cambiamenti compiuti da papa Francesco, presentato con entusiasmo ai fedeli altoatesini proprio da monsignor Muser ormai due anni e mezzo fa, la sera stessa dell’elezione al soglio pontificio. Si tratta, ora, di un cambiamento forte rispetto agli anni giubilari del passato. «Papa Francesco parla spesso proprio della chiesa in uscita. La celebrazione di questo anno della misericordia potrebbe essere un segno per questa chiesa in uscita. Perché, alla fin fine, lo stesso atteggiamento o anche lo stesso atto simbolico che possiamo fare a Roma, ora lo possiamo fare ovunque».

Al vescovo Muser piace soprattutto sottolineare un aspetto: «In questi giorni sono stato in diverse case di riposo, ospedali, nel carcere. E praticamente dappertutto ho ripetuto questo messaggio: anche questo luogo è chiamato ad essere una porta della misericordia. E questo luogo non è meno importante di San Pietro a Roma. Perché così anche la fede - l’atteggiamento della misericordia - diventa concreta. Se io perdono, se io chiedo perdono, allora apro una porta della misericordia». È un bellissimo pensiero, ritiene Ivo Muser, «ed è la prima volta nella storia della Chiesa che questo pensiero giubilare, questo pensiero della riconciliazione, non è più presente solo in alcuni luoghi, certamente importantissimi per la storia della Chiesa, per la nostra fede... ma ora si entra in una dimensione universale».

Quindi, nei prossimi giorni, «celebreremo il Natale nell’anno della misericordia. Il simbolo di quest’anno della misericordia è la porta aperta. Natale è la porta aperta per eccellenza. Dio entra in questo mondo. Dio si mette nei nostri panni. Dio diventa uno di noi. È questo il mio augurio natalizio, in quest’anno di grazia: tante porte aperte, nelle nostre case, nei nostri matrimoni, nelle nostre famiglie, tra i gruppi linguistici, con i lontani e con i vicini».

Il vescovo augura a tutti un buon Natale, «e che questo sia davvero un anno di grazia, un anno di misericordia, un anno di incontro tra Dio e l’uomo».

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