Omicidio Rasun, il giallo degli schizzi di sangue 

La deposizione della dottoressa Trenchi. Il medico legale, consulente della difesa, ha rilevato che nella stanza c’erano macchie ematiche È molto difficile che chi inferse 9 coltellate potesse evitare di sporcarsi. Sull’imputata (che potrebbe essersi coperta) non c’era alcuna traccia


Mario Bertoldi


Bolzano. . Per il collegio di difesa è l’asso nella manica che dimostrerebbe la completa innocenza di Dzenana Mangafic, la donna di Serajevo accusata di aver assassinato a coltellate a Rasun di Anterselva l’ex marito Kurt Huber di cui era diventata badante. Per la Procura, invece, solo una suggestione che potrebbe addirittura servire a dimostrare una pianificazione lucida e criminale dell’omicidio. Due facce della stessa medaglia che si sposano perfettamente con gli enigmi di un processo puramente indiziario.

La dinamica dell’omicidio.
Ieri la difesa ha portato a deporre davanti ai giudici della Corte d’assise, in qualità di consulente di parte, la dottoressa Gabriella Trenchi, medico legale dal 1990, molto apprezzata professionalmente per la preparazione e l’esperienza maturata anche per la collaborazione più volte prestata con le Procure di Bolzano e Verona. Una deposizione tutta incentrata sulla ricostruzione della dinamica dell’omicidio. Kurt Huber - ha ricordato la consulente - venne assassinato con nove coltellate all’addome. Quattro furono inferte con una certa forza tanto che la lama del coltello (che non fu mai ritrovato) affondò in pieno nel ventre della vittima lasciando sul cadavere i segni del manico dell’arma. La dottoressa Trenchi ha mostrato in aula un coltello (in cartone) simile a quello utilizzato per compiere il delitto. Le ferite riscontrate sulla salma variavano dai 23 ai 33 millimetri. Dunque è molto probabile che l’omicida abbia utilizzato un coltello da cucina, probabilmente recuperato nella stessa abitazione, per poi decidere di farlo sparire per rendere più difficile il lavoro degli inquirenti.

Nessuna ferita.
Il primo elemento di dubbio rispetto al teorema accusatorio riguarda le mancate lesioni (anche piccole) riscontrate sulle mani dell’imputata. Spesso (ma non sempre) una persona che utilizza un coltello per un uso anomalo senza particolare esperienza, finisce per procurarsi qualche escoriazione alla mano utilizzata per colpire. Ma l’elemento di valutazione più efficace messo in campo dalla consulente della difesa riguarda gli schizzi di sangue riscontrati nell’appartamento (sul muro nei pressi del letto di Kurt Huber, sul telefono cellulare della vittima, su un interruttore dell’impianto elettrico della sala da pranzo). Incalzata dal pubblico ministero Igor Secco, la dottoressa Trenchi ha convenuto che gran parte del sangue perso in fase di morte dalla vittima (dopo le nove coltellate) è rimasto all’interno del corpo. Ma ha anche sottolineato che l’uomo perse comunque diverso sangue, tanto che la maglietta che indossava a letto al momento dell’aggressione mortale è risultata intrisa di sangue. La vittima faceva uso regolare di un medicinale anticoagulante. Di conseguenza il sangue era più fluido. La consulente ha spiegato che gli schizzi di sangue riscontrati sui muri della stanza (l’assassino avrebbe colpito stando accanto al letto, sul lato sinistro) sarebbero stati “trasportati” dalla lama insanguinata del coltello. In un contesto di questo tipo è facile chiedersi come sia possibile che sulla donna accusata del delitto non sia stata riscontrata alcuna traccia di sangue, seppur minima. Per gli avvocati difensori Andreas Tscholl e Angelo Polo si tratta della dimostrazione lampante che l’imputata sarebbe estranea all’omicidio. In effetti la dottoressa Trenchi ha sottolineato che ben difficilmente in un contesto di questo tipo chi accoltella (provocando una vasta emorragia) riesce ad evitare di sporcarsi, anche in termini minimali. Eppure sull’imputata tutte le analisi alla ricerca di tracce (anche rimosse) di sangue hanno dato esito rigorosamente negativo. Così come gli investigatori del reparto scientifico dei carabinieri (Ris) di Parma hanno anche escluso che l’omicida, dopo il delitto, abbia utilizzato i sanitari dell’appartamento della vittima per cercare eventualmente di pulirsi. Ultimo dato “misterioso”: una parziale traccia di sangue rilevata all’interno dell’alloggio di Rasun (che però potrebbe anche essere stata datata) appartiene ad un soggetto sconosciuto (dunque non identificato) di sesso maschile. Nell’alloggio, poi, sono state rilevate pochissime impronte di chi vi abitava (cioè vittima e imputata). Per la difesa, comunque, il processo è ancora in salita. L’assenza di tracce di sangue sui vestiti e anche sotto le unghie dell’imputata potrà infatti anche essere utilizzata dall’accusa per dimostrare una presunta pianificazione minuziosa dell’omicidio. L’imputata potrebbe infatti aver indossato dei guanti di gomma e una protezione in nylon sopra i vestiti. Facendo poi sparire tutto assieme al coltello. Per il 25 novembre è fissata la requisitoria del pubblico ministero.













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