Opera nel bidone, la rabbia delle artiste

Sara Goldschmied: «Una cosa gravissima, il Museion non ha spiegato il senso dell’installazione. Noi non la rimontiamo»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Ciò che è successo è grave, non è possibile che un'installazione come la nostra finisca nelle immondizie. Mi dispiace, non voglio fare polemiche, ma per il Museion è una pessima pubblicità. Abbiamo impiegato tre giorni a montarla. E prima c'era stata la fase di progettazione iniziata in estate, culminata con un workshop con gli studenti a Capri. Questo per far capire che dietro “Dove andiamo a ballare questa sera?”, ci sono studio, lavoro, ricerca sugli anni Ottanta, visto che l'opera si inserisce nel progetto espositivo nazionale curato da Achille Bonito Oliva “L'albero della cuccagna. Nutrimenti per l'arte». La creazione artistica finita nelle immondizie è diventata un caso nazionale e Sara Goldschmied - l'artista autrice assieme a Eleonora Chiari dell'installazione che per un malinteso le addette alle pulizie del Museo di arte moderna di via Dante hanno buttato nelle immondizie - replica così a tutti coloro che - in particolare su facebook - ironizzando sull'arte contemporanea, arrivano a proporre premi, encomi, aumenti di stipendio per le signore che non hanno capito che le bottiglie sparse sul pavimento assieme a coriandoli, bicchieri, cartacce, mozziconi, scarpe e vestiti erano in realtà una creazione artistica all'interno della Casa atelier di Museion, non i resti di una serata di baldoria, da ripulire accuratamente .

Il rischio pulizie. «Non mi stupisce più di tanto - spiega l'artista - che la gente non capisca e ironizzi: è la conseguenza di aver tolto dalle scuole la storia dell'arte».

Per la verità non è la prima volta che i comuni mortali non capiscono un'installazione di arte contemporanea e la “distruggono”. «A noi – spiega Goldschmied – non è mai successo: la signora delle pulizie che viene nel nostro atelier, quando ha dei dubbi su quello che trova in giro, ci chiama per sapere se può buttarlo oppure no».

«Anche per noi fortunatamente - assicura Letizia Ragaglia, direttore del Museion – è la prima volta, ma ci sono precedenti famosi in giro per il mondo. Per questo gli addetti alle pulizie sono informati su ciò che possono o non possono fare, visto che non si pretende siano esperti d'arte. Per esempio: tempo fa abbiamo avuto un'artista inglese che metteva le briciole di pane per terra e alle signore è stato raccomandato di non lavare il pavimento. Stavolta per un equivoco invece che pulire il foyer del Museion, hanno tirato a lucido la Casa atelier. Comunque, senza andare lontani, ad un appassionato bolzanino hanno buttato nei rifiuti l'installazione fatta con le sigarette a cui teneva tantissimo».

Gli appassionati di arte moderna e contemporanea possono però stare tranquilli: l'installazione verrà ripristinata, perché le addette alle pulizie sono state così brave da aver differenziato quello che per loro erano rifiuti, separando plastica, vetro, carta.

Il ripristino. «I sacchi - assicura Ragaglia - non sono finiti in discarica, li abbiamo ancora qui». Sara Goldschmied però mette subito le mani avanti: «Ci sentiremo con la direzione del Museion, ma siamo piene di impegni, non credo proprio che riusciremo a trovare il tempo per tornare a Bolzano».

Ragaglia in realtà ha già pensato a tutto: «Domani (oggi, ndr) il Museion è chiuso e ne approfitteremo per ripristinare l'allestimento. Come? Abbiamo le foto e poi c'è il tecnico che ha collaborato con le artiste che sa come rimettere a posto il tutto. Quindi una volta fatto, fotograferemo l'installazione e chiederemo il via libera alle autrici».

Un'ultima curiosità: cos'è costata l'opera? «Avevamo un budget di appena 500 euro: 300 per il lavoro, col resto abbiamo pagato il viaggio da Milano alle due artiste. Comunque il valore di un'opera è di gran lunga superiore a quello che si è speso per realizzarla».

Sandro Repetto, ex assessore comunale alla cultura, sempre piuttosto critico col Museion commenta così la vicenda: «Se non fosse vero, si potrebbe pensare che è stato fatto ad hoc, per far sì che si parli del Museion di cui non si parla mai, perché non ha alcun legame né con la città né con gli altri musei».

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