Oskar Peterlini e la compravendita al Senato

L’ex parlamentare Svp rivela: «Un emissario di Berlusconi venne da me prima di un importante voto di fiducia a Prodi»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Anche Oskar Peterlini venne avvicinato da emissari di Berlusconi tra il 2006 e il 2008 all’epoca della compravendita dei senatori per fare cadere il governo di Romano Prodi. L’allora senatore della Svp stoppò ogni approccio. «Ma non solo io. Tutto il gruppo dei senatori Svp, con me Pinzger e Thaler Ausserhofer, restò fedele a Prodi», ricostruisce Peterlini. Le dichiarazioni dell’ex senatore Idv Sergio De Gregorio sui 3 milioni ricevuti per passare al centrodestra, una vicenda che vede indagato Silvio Berlusconi, riportano Peterlini a quei mesi torbidi, «che ora iniziamo a conoscere meglio». I sospetti di compravendita emersero subito. Le dichiarazioni di De Gregorio danno più spessore ai sospetti, anche se è doveroso precisare che la magistratura è solo nella fase dell’inchiesta. Peterlini accetta di raccontare come egli stesso si trovò al centro di un tentativo di avvicinamento.

Come ricorda quei due anni di governo Prodi?

«Prodi al Senato si reggeva su un filo, poteva cadere da un momento al’altro, tanto che tutti ricorderanno la mobilitazione cui erano costretti anche i senatori a vita per qualche prezioso voto a favore del centrosinistra. La professoressa Rita Levi Montalcini, già assai anziana, diede prova di una dedizione indimenticabile. C’erano pressioni forti sui senatori che sostenevano Prodi, anche su di noi, perché cambiassero schieramento. Si trattava di un pressing diretto e indiretto. Abbiamo resistito fino all’ultimo, poi il governo cadde su Mastella».

Le dichiarazioni di De Gregorio l’hanno riportata a quei mesi?

«De Gregorio lo conosco bene, è un simpaticone. Se ha una responsabilità, è giusto che se ne faccia carico. Le chiacchiere giravano da subito, speriamo che se qualcosa venne commesso, sia arrivato ora il momento delle prove. Quanto a Prodi, mi auguro che diventi presidente della Repubblica. Sarebbe perfetto per il ruolo e lo vedrei anche come un giusto risarcimento per quanto accaduto».

Può raccontare meglio come avvenivano le pressioni sui senatori?

«Era un periodo incredibilmente ricco di tensioni. Essendo la maggioranza appesa a pochissimi senatori, bastava spostarne uno da una parte all’altra per cambiare gli equilibri di due. Di solito agivano intermediari prospettando accordi allettanti».

A lei cosa accadde?

«Venni avvicinato da una persona interposta. Era la vigilia di un voto di fiducia molto importante. Direi nel 2007, dovrei controllare. Mi venne rivolo un invito molo gentile a incontrare Berlusconi».

E lei come reagì?

«Bloccai subito tutto. Dissi che non avrei avuto problemi a parlare con Berlusconi. Dopo il voto di fiducia però... Ma non ci fu alcun dopo. Non mi contattarono più. Probabilmente non serviva o capirono che con me non c’era nulla da fare. Insomma, sono Oskar, non mi faccio corrompere da nulla, non dai soldi e neppure dalle idee».

Cosa le venne prospettato?

«Nulla, si trattava di un primo approccio. Non si parlò certamente di denaro e non posso dire che mi sarebbe stata fatta una proposta di quel tipo. Per saperlo, avrei dovuto accettare l’invito. Ma non avevo certo voglia di mettermi in una situazione di quel tipo. Proprio perché c’erano le pressioni, si era creata nella maggioranza di Prodi un clima molto forte di solidarietà e resistemmo due anni. Possono sembrare pochi, ma essendoci passato assicuro che è stato un mezzo miracolo. Ci compattammo e tenemmo duro. Ci furono provvedimenti che nel gruppo Svp provocarono dubbi, ma la discussione era su quelli, mai sulla possibilità di staccarci da Prodi».

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