L'intervista

Palermo: «La Svp ha dato una mano al centrodestra» 

Parla l’ex senatore: «Mi sarei candidato solo salvando il progetto di convivenza del 2013 su di me, con Stella alpina e centrosinistra. La rivolta della Bassa Atesina non è stata decisiva»


Francesca Gonzato


BOLZANO. Sfumata la ricandidatura, offerto cortesi «davvero no» alle insistenze, a Francesco Palermo restano diverse cose da dire sul collegio senatoriale Bolzano-Bassa Atesina.

Professore di diritto pubblico comparato, senatore nel 2013-2018 attraverso l’alleanza centrosinistra-Svp: questa è la formula che Palermo aveva posto di nuovo come condizione nelle scorse settimane. La decisione della Svp di correre da sola con Manfred Mayr ha provocato il ritiro della disponibilità di Palermo, lasciando strada libera alla candidatura di Luigi Spagnolli, sostenuto da centrosinistra e Team K. Così Palermo, spettatore interessato.

Lei ha detto “senza appoggio esplicito della Svp non mi candiderò”. Un ex senatore, professore all’università di Verona, si mette in gioco, come è legittimo, solo con una buona possibilità di elezione?

Non è questo il punto. Un mio ritorno al Senato non era nei miei pensieri. Quando è precipitata la situazione a Roma, sono stato contattato da TeamK, Verdi, Sinistra italiana e dal commissario del Pd Carlo Bettio. Ho posto una questione di schema politico, non di mia convenienza.

Quale era il suo schema?

Si è capito quasi subito cosa stesse succedendo nella Svp. In fondo ho voluto smascherare con un certo anticipo le loro carte. Nel 2013 sono stato candidato sulla base di un progetto politico basato sulla convivenza. E ha funzionato bene. Avrei proseguito quella esperienza, in cui credo. Non avrebbe avuto senso per me fare il candidato di una sola gamba.

Perché no? Perché semplicemente non incarnare una proposta di centrosinistra?

È quello che mi è stato chiesto fino all’ultimo. Non ho molti dubbi sul fatto che quella sia la parte da votare, soprattutto oggi. La risposta è che non sono la persona giusta, anche caratterialmente. Uno va bene per uno schema, non per tutti.

Qual è la sua analisi sulla scelta della Svp? È stata motivata con la ribellione della base in Bassa Atesina, il Bezirk più piccolo.

La ribellione della Bassa Atesina ha giocato una parte, ma non credo sia stato il motivo principale. Vedo piuttosto un riposizionamento interno tra le diverse anime del partito, oltre naturalmente al tentativo di prendersi davvero il collegio. Se ci fosse stata la desistenza, come credevo, avrebbero agevolato probabilmente il centrosinistra.

Perché?

Un elettore Svp della Bassa Atesina potrebbe votare, immagino, un autonomista come me o come Luigi Spagnolli. Difficilmente un candidato del centrodestra. Partecipare alle elezioni è anche un favore al centrodestra. Nell’attuale Svp, se devono dare una mano a qualcuno, quella mano andrà verso destra.

Non è giusto che il collegio sia diventato contendibile, senza che sia la Svp, schierandosi, a scegliere il senatore “giusto”?

Forse sì. Ma la Svp in ogni modo influisce sulla partita, co-scegliendo il candidato con il centrosinistra oppure provando ad eleggere un proprio candidato, come ora. In questo secondo aspetto subentra un elemento etnico, che non mi piace, ma è oggettivo. Lo hanno ricordato tutti, quel collegio è stato disegnato per garantire una rappresentanza al gruppo linguistico italiano. Vista la successione Ferrari, Peterlini e forse Mayr, dovremmo dire che forse il collegio non è stato disegnato bene. Tre senatori su 315 erano già una sovra-rappresentazione di questo territorio. Tre rappresentanti nel nuovo Senato da 200 seggi diventa un sovradimensionamento enorme. Se non viene giustificato dalla volontà di rappresentanza del pluralismo linguistico del territorio, non ha davvero senso.

Va ridisegnato il collegio?

Il tema c’è. La Svp non può volere tutto, la sovra-rappresentazione del territorio e l’en plein dei collegi.

Karl Zeller, contrario alla candidatura in proprio, ha detto: quel collegio ha sempre avuto una valenza strategica che andava ben oltre il suo territorio di riferimento.

È così. Il rischio è tradire quello spirito.

C’è chi rilancia la teoria del candidato unico del gruppo italiano, se non del partito unico, per uscire dall’angolo. La convince?

Sarebbe una ulteriore etnicizzazione. Si potrebbe sperimentarlo una volta sola, in quel solo collegio, come provocazione e un po’ per provarci davvero.

Quel senatore senza casa politica a chi risponderebbe?

Si iscriverebbe al Gruppo per le autonomie, che sempre meno sarà il gruppo della Svp con qualche altro senatore. Questo fronte mi interessa forse di più.

Quale?

Sono convinto che la Svp si normalizzerà. Vedremo già qualcosa alle provinciali dell’anno prossimo, se scenderà da 15 a 13 o 14 consiglieri. Il tema delle alleanze diventerà più stringente. Dovrebbero avere una visione almeno di medio periodo, non ristretta sulla singola elezione. Volenti o meno, le cose cambieranno.

Chi vincerà il collegio secondo lei?

È una sfida davvero aperta, credo che Spagnolli, Bosatra e Mayr siano allineati. Potranno fare la differenza l’astensionismo e l’impatto locale dell’ondata nazionale a favore del centrodestra. Spagnolli perderà qualcosa nel centrosinistra, ma credo che possa allargarsi nell’elettorato della Svp. Per contro, non credo che Mayr possa sfondare fuori dal perimetro Svp. Bosatra beneficerà della forza dei partiti di centrodestra che lo sostengono, ma non oltre.













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