Paolo Rossi: «Rubygate? Altro che Mistero Buffo»

Il comico a Bolzano: «Fa ridere ma è chiarissimo. Le intercettazioni sono giuste»


Fabio Zamboni


BOLZANO. Venerdì scorso, in una delle repliche bolzanine del suo Mistero Buffo, Paolo Rossi ha portato sul palco una copia dell’“Alto adige” in cui una sua foto campeggiava sotto un titolo vistoso sullo scandalo delle baby-squillo bolzanine. L’attore ha sfruttato al meglio il possibile equivoco grafico, garantendo ovviamente la sua «estraneità ai fatti» e cavalcandola con un’abile improvvisazione. Quale spunto migliore per parlarne direttamente con lui, approfittando dei ritmi stranamente rilassati di questa che lui chiama «para-residenza» altoatesina, così diversa dalle stressanti tournée mordi-e-fuggi?
Allora, roba da sbatti il mostro in prima pagina. Più arrabbiato per l’improbabile accostamento grafico o più grato al giornale per lo spunto su cui ha poi improvvisato in teatro?
Arrabbiato neanche per un momento. Mi sono solo e assolutamente divertito, tanto che ho subito usato il giornale come spunto per variare sul tema, là dove parlo di Sodoma e Gomorra. Ho detto che la foto è stata mandata da certi miei amici ma soprattutto dalle mie amiche, per dimostrare che io con il Rubygate bolzanino non c’entro niente.
Il Mistero Buffo si presta ad essere integrato, nelle singole città che lo ospitano, da agganci alla cronaca locale. Come fa Beppe Grillo, per capirci. Paolo Rossi lo fa spesso?
Direi di sì. I temi di cronaca locale vanno però giocati come appoggio al testo dello spettacolo, non come episodi autonomi. E sono preziosi perché sono quelli che fanno la differenza fra la replica che fai qui e quella che fai a Viterbo.
Comunque nella foto in prima pagina c’è un Paolo Rossi che di qualche cosa si sta discolpando...
Beh, questa è una bella osservazione, prima di tutto perché mi fa sentire subito in colpa per non so che cosa, e poi perché mi ricorda quando, mentre eravamo da Fabio Fazio, Di Pietro mi chiama col suo modo brusco e inquisitore e mi fa: dimmi la verità, i capelli sono i tuoi? E per un attimo ho messo io stesso in dubbio che fossero proprio i miei.
Essendo finito nel Rubygate bolzanino, l’accostamento con quello di Arcore è inevitabile. Del resto anche quello è un “mistero buffo”, nel senso che in presenza di intercettazioni che svelano ipotesi di reato, il vero reato diventa l’aver intercettato il presidente del Consiglio...
Non è un Mistero buffo. È buffo ma non è un mistero, nel senso che è tutto chiarissimo. Un artista guarda sempre le cose da un punto di vista diverso, ma io sono convinto che intercettare non è sempre un reato. Intercettare un uomo pubblico importante per me non è un reato, la società ha il dovere di controllare gli uomini pubblici, che a loro volta devono sapere di essere controllati.
Ma torniamo a Bolzano: tre settimane quasi full time in Alto Adige, fra repliche di Mistero buffo, incursioni al festival Resistenze e il 1º maggio presentazione della proiezione del documentario su Pomigliano: come si sta quassù?
Ci si sente molto protetti. Probabilmente anche grazie al lavoro che Walter Zambaldi (il produttore di Mistero Buffo, bolzanino) ha fatto per me e poi grazie al lavoro del Teatro Stabile. Che non assomiglia a tanti altri Stabili italiani. Quello di Bolzano mi sembra esattamente quello che Paolo Grassi e Giorgio Strehler pensavano dovesse essere un teatro stabile, un teatro pubblico. La capacità di avvicinare il pubblico e di organizzare i corsi di formazione per i giovani è davvero rara. Ieri sera ad esempio ho fatto il record di pubblico in un teatro al confine: 180 spettatori a Vipiteno. Una bella soddisfazione. E poi quella che io chiamo la para-residenza che si è creata qui, con vari contatti al di là delle repliche in teatro, con gli studenti, con la strada, con le istituzioni, dà un senso strepitoso al nostro mestiere.
Come ha trovato il pubblico altoatesino? Qualche artista arriva qui e sul palco dice: credevo foste freddi e invece siete il pubblico più caldo d’Italia...
Non l’ho trovato in qualche modo differente. Comunque io non considero mai il pubblico il «mio» pubblico, mi considero sempre un ospite, che deve conquistarsi la gente con il talento che mette in campo. Questa volta posso dire che in Alto Adige sto avendo un successo straordinario.
In tutto questo tempo ha imparato qualche parola in tedesco?
Ho un problema: i critici dicono che parlo sei lingue contemporaneamente. E quindi sto sviluppando questo esperanto che è la mia versione del grammelot, e che assorbe parole nuove strada facendo. Il problema è che le imparo oggi e le uso domani, sicché quando arriverò fra qualche giorno a Matera userò qualche parola di tedesco che ho assorbito qui...
E al ristorante: canederli o Schlutzkrapfen?
Canederli, anche perché l’altra roba non so neanche cos’è. Vado tutti i giorni nello steso ristorante tedesco, dove ordino sempre lo stesso piatto: Gröstl con cappucci. Vado pazzo per i cappucci, anche perché come qui li fanno solo a Trieste, la mia città.
Mistero Buffo prevede ancora molte repliche, ma Paolo Rossi sta già pensando al dopo?
No, prima di tutto perché di Mistero Buffo stiamo già preparando la seconda versione, e poi perché sto vivendo un momento di grande ebollizione creativa, e quindi non riesco nemmeno a pensare di organizzare qualche cosa d’altro.

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