Paravidino: mai abbassare la guardia

Il più talentuoso dei giovani autori-registi italiani intervistato oggi da Dassisti


di Daniela Mimmi


di Daniela Mimmi

Domenica sera tocca a Fausto Paravidino, mettersi sotto i fari del Festival delle Resistenze e rispondere alle domande di Franco Dassisti, conduttore di Radio 24. Alle 21, sempre in piazza Matteotti, il giovane scrittore-attore-regista piemontese di origine, ma (quasi) bolzanino d’adozione, metterà a nudo la sua complessa anima di ribelle parlando di tante Resistenze, ma non solo. Paravidino è già da alcuni giorni a Bolzano per provare, dopo essere già stato a Roma e Milano, il suo nuovo lavoro, “Exit”, che debutterà in prima nazionale (e mondiale) il 10 maggio e che resterà in scena, nello Studio del Teatro Comunale fino al 27 maggio. Quello di piazza Matteotti è un palco che gli calza a pennello. Come ci conferma lui stesso. «Io mi occupo sempre di Resistenze, nel mio lavoro e su me stesso. Non so di cosa parlerò e non so cosa mi domanderà Dassisti, ma io risponderò con l’onestà con cui da sempre rispondo ai giornalisti, alla gente, al mio pubblico e a me stesso».

Secondo lei le Resistenze non sono ancora passate di moda, quindi.

«La Resistenza non è finita nel 1945 e noi non dobbiamo mai abbassare la guardia, pensare che tutto sia passato. Per noi italiani che il fascismo lo abbiamo vissuto, è una categoria mentale. Per il resto del mondo, il fascismo è quello storico, per noi è qualcosa di diverso. Per noi il fascismo non è morto in piazzale Loreto”. – E quali sono le sue Resistenze? “Io faccio le Resistenze attraverso l’arte, cerco di contribuire a costruire un mondo migliore, più morbido, meno violento. Io sono prima di tutto un antifascista e come tale mi comporto. Le mie Resistenze sono contro la violenza, la sopraffazione, l’uomo che schiaccia un altro uomo. C’è un istinto violento, spesso di sopravvivenza ma non solo, che spinge l’uomo contro l’uomo».

E le sue Resistenze personali e umane?

«Sempre, quando affronto il tema della sopraffazione e della violenza di questa società, faccio anche un lavoro di autoanalisi su di me. Dove, come, quando anch’io cedo alla violenza, alla sopraffazione? Insomma, molto spesso, uso il mio lavoro per cercare di capire me stesso».

Adesso lei sta provando “Exit”. Anche lì ci sono delle Resistenze?

«Sì, come sempre ci sono delle resistenze contro qualcosa. In questo caso ci sono quattro persone molto belle, oneste, ma controllate, che non sanno amarsi, che non sanno fare un passo indietro per poter amare l’altro. Non sanno diventare migliori, non sanno rinunciare al proprio io e al proprio egoismo per avvicinarsi alla persona umana. Anche queste sono resistenze...»













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