«Parcheggiato» in Astanteria dopo il trapianto

Bolzano. «Com’è possibile che un paziente che ha appena subìto il trapianto di midollo venga “parcheggiato” in Astanteria? Fortunatamente, adesso, mi hanno riportato in Ematologia, ma mi rendo conto...



Bolzano. «Com’è possibile che un paziente che ha appena subìto il trapianto di midollo venga “parcheggiato” in Astanteria? Fortunatamente, adesso, mi hanno riportato in Ematologia, ma mi rendo conto di aver rischiato grosso». Franco Zadra, 65 anni, ex insegnante nelle scuole medie di lingua tedesca di Nova Ponente, parla da un letto dell’Ematologia dell’ospedale San Maurizio, per denunciare l’esperienza vissuta in prima persona all’interno di un reparto che lui stesso definisce modello, ma che al pari degli altri paga la carenza sempre più pesante di medici ed infermieri.

«La mia vita - racconta - è cambiata all’improvviso nel 2017 quando mi hanno diagnosticato una leucemia. La terapia, alla quale sono stato immediatamente sottoposto, all’inizio ha dato buoni risultati. Poi, come spesso accade con queste patologie, la ricaduta. Bisognava cambiare strategia e gli ematologi hanno consigliato il trapianto di midollo autologo, ovvero fatto con le mie cellule».

Zadra ha deciso di seguire il consiglio dei medici bolzanini. Il 7 maggio il trapianto, effettuato nel Centro Trapianto Midollo Osseo dell’ospedale San Maurizio, creato a suo tempo dal professor Paolo Coser e oggi diretto da Atto Billio.

«Qui - dice Zadra con la voce rotta dalla commozione - sono tutti bravissimi: dal primario ai medici dell’equipe, agli infermieri. Sono pochi e si fanno in quattro. I giorni successivi al trapianto sono quelli più delicati, perché le difese immunitarie sono azzerate. Per questo il paziente viene messo in una stanza sterile e il personale che lo segue deve adottare una serie di protezioni per evitare di trasmettere virus e batteri».

Così è stato anche per Zadra, almeno fino a mercoledì 10 maggio, quando il paziente è stato spostato.

«Mi è stato spiegato - dice - che era arrivato un caso più grave del mio e dovevano trasferirmi. Quando me lo hanno detto, erano imbarazzati, ma non c’erano alternative. E così sono finito in Astanteria, dove ovviamente non ci sono tutte le protezioni e gli accorgimenti adottati in Ematologia. Addirittura ho dovuto usare il bagno comune che è sul corridoio a disposizione di pazienti e visitatori. Nelle mie condizioni, ho temuto il peggio. Per fortuna, il giorno dopo, ovvero giovedì, mi hanno riportato in Ematologia. Ma tutto questo è assurdo».













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