L'INTERVISTA antonio lampis direttore dei musei italiani 

«Parco Cappuccini, l’arte lo salverà dall’abbandono» 

Recuperi urbani. L’ex capo ripartizione Cultura: «Il muro di cinta non ha più senso, va creato uno spazio unico con piazza Verdi e Teatro. E va usato di più per mostre ed eventi culturali»


Paolo Campostrini


Bolzano. «C'è chi pensa che se un luogo viene chiuso, sbarrato, diventa più sicuro...». Chi lo pensa, direttore? «Beh, chi non ha esperienza». Parla del parco dei Cappuccini Antonio Lampis. Che di esperienza, intorno a spazi museali, eventi, immaginario espositivo, cultura e fruizione della stessa, dovrebbe averne visto che dirige da Roma tutti i musei italiani. Con anche, ultimamente, delega commissariale alla reggia di Caserta, il più esteso monumento verde coniugato con la grandiosità delle immissioni statuarie dell'intera Europa. E che, di suo, viene da decenni di gestione della cultura altoatesina, dal suo ufficio di capo ripartizione. La mostra con le sculture dell’artista gardenese Lois Anvidalfarei è la dimostrazione che se riempi uno spazio urbano di cose belle, quello spazio si “salva” da solo. Diventa in automatico un posto “ben” frequentato e quindi sicuro. Il problema è che si tratta di un'iniziativa estemporanea, frutto di una spinta privata (della famiglia Casciaro), che durerà solo fino a giugno. Mentre manca una visione pubblica di utilizzo del Parco Cappuccini. O meglio: tutte le idee e i progetti avanzati sino ad oggi restano ancora sulla carta.

E così, Lampis, il parco resta sottoutilizzato e nascosto dal muro che circonda.

Ed è male.

E il bene sarebbe?

Aprirlo. Creare varchi. Quel muro di cinta non ha più senso. E mi pare che anche la sovrintendenza sia del parere. C'è qualche porta ma non basta.

Anche perché, dalla sera, è proprio sbarrato.

Così non va. E non mi si dica che viene mantenuto il muro e impedito l'ingresso a certe ore per sicurezza. È un mito, una falsa verità quella che ci induce a credere che la sicurezza si aumenti chiudendo le porte. Anzi, più si aprono meglio è.

In che senso?

Per prima cosa è una questione tecnica: più si vede quello che accade dentro, più si è in grado di prevenire e controllare. Poi, al contrario, chi è dentro e ha intenzioni poco urbane verrebbe inibito se, da fuori, tutti lo possono vedere. E' un reciproco autocontrollo.

E l'altra questione?

È di tipo sociale. Più un luogo è aperto e meno corre dei rischi chi ci entra. Più è aperto e più si possono pensare eventi e iniziative di tipo collettivo".

In questi giorni nel parco è in corso una mostra della galleria Casciaro...

"Loro sono bravissimi in questo senso. Ecco, quell'iniziativa è un esempio di possibile uso del parco.

Anche in modo strutturato?

Anche. Non capisco , a volte, il poco coraggio del Comune nel proporre un progetto di possibile riuso. So che la proprietà è della Provincia ma so anche che se si fa pressione, se si è convinti, le cose si possono sempre fare.

E cosa sarebbe da fare?

Parto da una premessa: Trevi e Teatro comunale si devono vedere. Non esiste che, a fronte di una piazza Verdi piena di auto e traffico non si sia ancora pensato a creare una piazza interna sfruttando il parco. Il muro che preclude la vista dei due edifici e dunque chiude anche ad un'idea di frequentazione possibile non ha senso sia ancora lì. Serve che le istituzioni insieme dicano: bene proviamo a tirare giù un bel po' di mattoni di quel muro e vediamo che succede.

E che accadrebbe?

Le cose nascerebbero da sole. Primo: tutti vedrebbero che quel muro è orribile. Non esiste che nel 2019 si sia ancora qui a discutere su cosa fare del parco senza decidere di intervenire sull'elemento che più di tutti ne impedisce una prospettiva di sviluppo urbanistico. Se ognuno può muoversi in quel luogo, se non esistessero più orari di chiusura e apertura, se ci fosse spazio per vedere il rapporto tra le cose , ecco che la sicurezza sarebbe garantita dalla stessa frequentazione. Che diverrebbe più intensa.

A Bolzano esiste un altro grande parco, i prati del Talvera. Si è discusso in passato di creare recinti ma nessuno, oggi, pensa di chiuderli...

Appunto. Come si vede lì l'apertura non aumenta l'insicurezza. Anzi, è proprio il contrario. Quel parco in via Cappuccini poi, sarebbe ancora più visibile in ogni suo angolo e la scoperta che ne farebbero i bolzanini sarebbe la condizione per usarlo come luogo espositivo. E per ogni tipo di evento. Un muro, invece, crea sempre del disagio.















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