Patto di ferro sull’autodeterminazione

Statuto, chiusa la Convenzione con l’asse tra Svp e destre tedesche. Documento dell’economia: «Non possiamo isolarci»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Applauso finale, «buona estate a tutti» e «grazie». Comunque sia andata, la Convenzione dei 33 ha esaurito il proprio compito. All’Eurac si è tenuta ieri l’ultima seduta: veloce, pacata. Adesso parlano le carte. E sono tante, perché il lavoro attorno a una ipotesi di revisione dello Statuto di autonomia ha prodotto una relazione di maggioranza e quattro relazioni di minoranza, perché sono troppi i temi su cui non si è trovato consenso. Verrà ricordata come la Convenzione che ha legittimato politicamente il principio dell’autodeterminazione, cui è dedicato un passaggio del documento di maggioranza, frutto della saldatura tra Svp e destra tedesca. «Occasione persa» dicono gli autori di tre relazioni di minoranza come Riccardo Dello Sbaba con Laura Polonioli (vi aderisce Olfa Sassi), Maurizio Vezzali e Roberto Bizzo. Quanto al professor Roberto Toniatti, autore della quarta relazione, ieri ha assestato un nuovo colpo, ricordando che la legge sulla Convenzione prevedeva il principio del consenso. Traduzione: nel documento doveva trovare spazio solo ciò che unisce. Ciò che non ha raccolto consenso, come l’autodeterminazione, doveva essere affidato alle relazioni di minoranza. È andata così per proposte come la revisione della proporzionale, la scuola plurilingue o la scuola mista, l’abolizione del vincolo dei 4 anni di residenza per votare, elencate nelle relazioni di minoranza e non accettate dalla maggioranza. L’autodeterminazione invece è entrata nel testo «ufficiale», consegnato ieri nella versione definitiva (è stato redatto dai tre tecnici Esther Happacher, Renate Von Guggenberg e lo stesso Toniatti sulla base dei lavori). Il presidente Christian Tschurtschenthaler ieri ha voluto guardare il bicchiere mezzo pieno: «Nel documento conclusivo ci sono tanti temi su cui c’è stato un sostanziale accordo dei componenti». Tutte le relazioni finiscono in consiglio provinciale, cui passa ora il testimone. I «33», impegnati nella prima esperienza di partecipazione sullo Statuto, hanno avuto solo un ruolo consultivo.

Il testo definitivo sul diritto all’autodeterminazione, inserito nel preambolo, cita lo statuto dell’Onu e i richiami nella legislazione italiana. Ma già dalle altre proposte del documento di maggioranza esce un disegno dell’autonomia ormai «integrale». Si propone di assegnare alla Provincia tutte le competenze possibili, tranne quelle espressamente riservate allo Stato, l’abolizione del commissariato del governo, il ripensamento della Regione e molto altro. Sul tema convivenza, viene esplicitata la parità di diritti di tutti i gruppi. È arrivato ieri l’annunciato documento degli esponenti dell’economia nella Convenzione. Alexandra Silvestri e Claudio Corrarati non prendono posizione esplicitamente sul tema divisivo dell’autodeterminazione, ma è evidente il riferimento, quando scrivono che «un rafforzamento dei punti di forza dell’Alto Adige quale anello di congiunzione tra Nord e Sud, la promozione del plurilinguismo attraverso adeguati e moderni strumenti, la valorizzazione delle eccellenze, una convivenza pacifica e una configurazione comune e condivisa del futuro della nostra Provincia dovrebbero essere al centro di ogni ulteriore riflessione sulla riforma dello Statuto di autonomia». E aggiungono: «Competenza autonoma non significa che l’Alto Adige deve e può isolarsi». Soddisfatti perché il documento finale rispecchia alcune delle proposte dell’economia, a partire da «un’ampia autonomia finanziaria e fiscale».

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