Per la rapina alla Upim il sospettato è il direttore

Salvatore Liguori, 43 anni, è indagato per simulazione di reato e furto aggravato Sequestrati 3 mila euro che teneva in casa. Avrebbe inventato tutto per i debiti


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Altro che rapinatori scaltri ed imprendibili. Secondo la polizia che ha condotto oltre un mese di indagini serrate, la rapina denunciata dal direttore della Upim di via Posta a Bolzano il pomeriggio del 12 marzo scorso, sarebbe stata simulata. E ad incassare il bottino, oltre 17 mila euro in contanti, sarebbe stato proprio il direttore della filiale bolzanina della catena Upim. Si tratta di Salvatore Liguori, 43 anni , originario di Sarno (in provincia di Salerno) ma residente a Roma. E’ finito sul registro degli indagati della Procura della Repubblica per simulazione di reato e furto aggravato. Per gli inquirenti (le indagini sono state svolte dalla Squadra Mobile di Bolzano diretta dal dottor Giuseppe Tricarico) avrebbe simulato il colpo al fine di mettersi in tasca una discreta somma pressato dai debiti (circa 30 mila euro) che avrebbe accumulato anche a seguito della separazione dalla moglie.

Le contraddizioni. Il racconto dell’ex direttore (che nel frattempo ha dato le dimissioni) non ha mai convinto gli inquirenti, soprattutto per alcune contraddizioni (non di poco conto) emerse dalle ricostruzioni di quanto avvenuto, fatte in momenti diversi. Erano le 14.35 del 12 marzo scorso quando Salvatore Liguori diede l’allarme e fece telefonare al “113” da una cassiera al primo piano dell’esercizio affermando di essere rimasto vittima di una rapina. Quel pomeriggio Salvatore Liguori riferì alla polizia di essere stato aggredito proprio mentre stava depositando l’incasso giornaliero nella cassaforte rimasta aperta durante l’irruzione dei fantomatici banditi. Successivamente però (in sede di denuncia) il direttore specificò che al momento del colpo aveva già riposto il denaro nella cassaforte: raccontò che i rapinatori avevano bussato alla sua porta e di essere stato costretto, sotto la minaccia di una pistola, a riaprire la cassaforte (già chiusa) consegnando la somma ai malviventi (di cui uno sarebbe rimasto all’esterno dell’ufficio a fare da”palo”).

La simulazione. Fu sulla base di queste discrepanze (apparentemente non giustificabili per chi ha effettivamente vissuto un episodio di forte tensione emotiva) che il sostituto procuratore Luisa Mosna e la polizia iniziarono a considerare concretamente l’ipotesi della simulazione. Anche perchè tutti i tentativi di trovare qualche riscontro della reale presenza sulla scena di questi due fantomatici banditi sono andati a vuoto. Non solo. Anche un’altra descrizione dei fatti fornita dal direttore nei momenti immediatamente successivi alla rapina è risultata contraddittoria in quanto il direttore ha raccontò di aver rincorso i banditi lungo un giroscale che conduce ad vialetto interno per poi rientrare nel negozio dalla porta principale ignorando però le cassiere del pianoterra a cui, per logica, avrebbe dovuto rivolgersi per dare l’allarme. Agli atti del procedimento nei confronti di Salvatore Liguori ci sono poi le dichiarazioni di Francesco Vigna, responsabile della sicurezza del gruppo Coin (a cui appartiene la Upim) il quale ha riferito alla polizia che la procedura di ritiro degli incassi della giornata adottata dal direttore Liguori sarebbe stata difforme dalle procedure standard adottate dal gruppo per le quali avrebbero dovuto essere sempre due le persone addette al deposito del denaro nella cassaforte.

Il sequestro. In un blitz autorizzato dalla magistratura nell’abitazione del direttore indagato, la polizia ha poi trovato e sequestrato tremila euro in contanti (in banconote da 50 mila ) che potrebbero far parte del bottino e che Salvatore Liguori sostiene invece di aver vinto in una sala scommesse di Bolzano (in data 18 marzo) e di aver ottenuto un prestito in denaro da un proprio conoscente. Per questo la difesa ha chiesto il dissequestro della somma.

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