Perona: «Gli alpini verranno in pace, ma non accetteranno diktat»

Para il presidente nazionale dell'Ana: "L'adunata è una festa, nessuna rivendicazione. Alle polemiche cercheremo sempre di non rispondere"


di Davide Pasquali


BOLZANO. «Alle polemiche noi cercheremo di mai rispondere, perché può darsi siano alimentate da una minoranza che vuole fare polemica, però non vogliamo neanche che ci vengano posti determinati paletti: questo non lo fai. Dispositissimi a seguire le indicazioni per ciò che potrebbe rivelarsi provocatorio, però a tutto c'è un limite, altrimenti ci sentiremmo stranieri in patria, e non vorremmo che avvenisse».

Lo sostiene il presidente nazionale dell'Ana, Corrado Perona, in questi giorni a Costalovara sul Renon, per la riunione dei presidenti delle sezioni Ana di tutta Italia. Presidente, che significato ha l'adunata bolzanina? «Non avrà significati differenti rispetto alle altre. E il nostro modo di ritrovarci, come recita il nostro statuto, che all'adunata dedica una sola riga:"Una volta all'anno viene organizzata l'adunata nazionale degli Alpini".

Punto. Prima di tutto è una festa, perché quando ci si ritrova in tanti è sempre una festa. Ancora maggiore perché partecipano le nostre sezioni all'estero. E questo per noi è un motivo di grande soddisfazione. Durante gli altri 364 giorni ci troviamo sì, fra di noi, ma non con loro. Quindi per me la festa è completa se ci sono anche loro».

Ci faccia un esempio.
«Sono stato recentemente a New York, all'incontro delle sezioni del Nord America e parecchi mi hanno detto: veniamo a Bolzano. Mi sono stupito. Sa perché? Le grosse componenti alpine all'estero sono venete, friulane, abruzzesi. E quindi, so che se si fa l'adunata in Veneto o Friuli, gli Alpini vengono più volentieri, perché per loro è anche un ritorno a casa. Invece, con grosso stupore, mi sono sentito dire da tanti delle grosse componenti del Nord America, che sono le sezioni canadesi più New York,"dài, ci vediamo a Bolzano"».
Perché a Bolzano?
«Preciso subito: perché la sezione di Bolzano ha fatto richiesta. Non siamo stati noi a spingere Bolzano a fare richiesta per motivi che qualcuno forse cerca di far passare. Assolutamente no. Forse noi abbiamo provocato una unica adunata nazionale qualche anno fa, ad Asiago: la fine della leva per noi era la chiusura di un rubinetto troppo importante. Siamo tutti Alpini in congedo, figli della leva. Il mio predecessore una volta aveva detto: dobbiamo tornare all'Ortigara. Allora siamo andati ad Asiago, pur sapendo che ci sarebbero state delle difficoltà. Quell'adunata fu un po' pilotata dalla sede nazionale, ma è stata l'unica. In questo caso, la richiesta è partita da qui: c'era tanta voglia di riportare l'adunata a Bolzano dopo così tanti anni». Con quale spirito verranno, gli Alpini? «Per noi si tratta di un ritrovo. Vogliamo ribadire la nostra identità, il nostro attaccamento alle istituzioni e all'amor patrio, che ci portiamo appresso da tanti anni, da sempre, da quando è stata costituita l'Ana. Un'associazione che, tengo a precisarlo, non è solo nostra, ma appartiene alla comunità. Perché noi siamo parte della comunità; i gruppi Ana dell'Alto Adige, come le altre ottanta sezioni. Siamo un esercito di popolo. Apparteniamo alla comunità. Ed è per noi motivo di grande soddisfazione, perché appartenere alla comunità, per noi, significa servire la comunità con la nostra presenza. Non siamo solo quelli che mangiano e bevono. Lavoriamo, ci diamo da fare. I nostri sindaci sono gli unici a poter sfilare all'adunata anche se non Alpini, purché con la fascia. Questo per imprimere maggiore forza a questa unità d'intenti, a questo feeling che c'è con le istituzioni».
Presidente, sgombriamo il campo dalle polemiche.
«Noi cercheremo di mai rispondervi, perché può darsi siano alimentate da una minoranza che vuole fare polemica, però... non vogliamo neanche che ci vengano posti determinati paletti: questo non lo fai, questo non lo fai, questo non lo fai. Dispostissimi a seguire le indicazioni per ciò che potrebbe essere provocatorio, però a tutto c'è un limite, altrimenti ci sentiamo stranieri in patria, e quello, francamente, non vorremmo che avvenisse».
Ché a soffiar sul fuoco...
«Cosa vuole, quando c'è così tanta gente che si ritrova in un posto... C'è un decadimento morale, in questa nostra Italia, che può colpire anche la nostra associazione, perché i risvolti negativi dei tempi non è che...: stop, perché siamo Alpini. No. Allora, sa, il facinoroso può esserci anche fra di noi. Quello che ha le mani spesse, pesanti, e che magari ha alzato un po' il gomito... Può sempre esserci, qualcuno che esagera. Allora, cerchiamo di non provocare qualcosa che assolutamente non deve essere provocato. Viviamola nello spirito che per noi è abituale».
Ossia?
«Io sono figlio di un combattente della guerra 1915-18. Mio padre era Alpino; ha cominciato a Monte Nero, Matajur, valli del Natisone. Poi è andato a finire sul Pasubio. Gli han portato via un ginocchio, è rimasto con una gamba rigida. Mio padre non ha mai detto a qualcuno dei suoi quattro figli:"disprezzo quelli là". Quelli là erano di fronte a noi perché svolgevano un servizio uguale identico al nostro. La guerra giusta non è mai esistita. Le guerre sono sempre sbagliate, perché si ammazzano solo degli uomini. E lui non mi ha insegnato a odiare quello che era il suo avversario di allora, mai. Sono contento di essere stato cresciuto così. E poi, sono passati 90 anni. Brava gente... dài, basta»
E comunque, voi avete ottimi rapporti, Oltralpe.
«Con le autorità d'Oltralpe abbiamo dei rapporti eccezionali. E non abbiamo mai, e ripeto mai, portato un fiore su una tomba senza trascurare che i nostri e i loro morti sono caduti e riposano assieme. Questo è il concetto chiave. Lo facciamo sull'Ortigara, sull'Adamello, su Cima Grappa. Lo facciamo dappertutto e guai se non lo facessimo. Sarebbe un atto vergognoso da parte nostra».
Quindi, non venite a Bolzano per rivalsa o per rivendicare qualcosa?
«E l'ultima delle cose alle quali noi non penseremmo mai. Proprio non ci sta. E non lo dico perché voglio diciamo placare o non agitare. Ma perché, proprio, siamo fatti così. Non siamo i migliori, ecco, abbiamo anche noi i nostri difetti, ma abbiamo anche delle virtù. L'incontro di Bolzano deve essere una festa, in un luogo splendido, per la sua natura, per come viene mantenuta».
Molti, in Alto Adige, hanno fatto la naja, compresi tantissimi sudtirolesi.
«Quando frequentavo la scuola militare di Aosta, i ragazzi che venivano da qua, con me, erano almeno una decina. Sono passati 55 anni, ma con alcuni ho mantenuto i rapporti. E se li vedessi, se li vedo, per me sono degli amici. E sono sempre stato ricambiato. Poi, allora, uno, se si congedava e se era di queste parti, e qui si iscriveva all'Ana, non era proprio ben visto. Per fortuna, con gli anni, non c'è più questa mentalità, che per me era già sbagliata allora».
Qualcuno ha detto: quel giorno lì, andremo via.
«Liberissimi di farlo. Lo fanno anche a Milano, lo hanno fatto quest'anno a Torino, perché a dire la verità la città e il territorio li imbrigliamo davvero. Disturbiamo anche le abitudini comuni della gente, per quei due o tre giorni. E vero. Però non spacchiamo vetrine e rispettiamo tutti. Non sdrammatizzo per partito preso, semplicemente credo sia così».
Inviterete, diciamo così, anche qualcun altro?
Ci affideremo alle sezioni locali. Io sono piemontese. Se l'adunata fosse a casa mia, saprei chi invitare; qui se ne occuperà l'Ana Alto Adige. Noi comunque ci sentiamo in dovere di sdebitarci con qualcuno: quelli che ci aiutano, quelli ai quali andiamo a rompere le scatole, magari perché abbiamo bisogno di determinate cose. Quindi, il presidente altoatesino Scafariello ha la facoltà di indicare i desideri suoi e dei suoi Alpini, al di là delle istituzioni tradizionali, della Provincia, del sindaco, che è il padrone di casa. Per l'amor di Dio, senza limitazione alcuna. Sono tutti i benvenuti».













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