Piani, quando la scuola sa abbattere le barriere

Gli alunni della «Chini» avviano uno scambio con i coetanei dell’istituto tedesco Due settimane a lezione nell’altra lingua. Genitori e insegnanti entusiasti


di Davide Pasquali


BOLZANO. Un sogno, per chi andava a scuola negli anni Settanta della segregazione razziale, quando i due cortili erano divisi da una rete e le pause erano sfalsate di cinque minuti, per non far incontrare gli uni con gli altri.

Un sogno, sarebbe stato, fare lezione assieme ai ragazzini dell’altra metà del cielo, coi quali magari già si giocava o si sarebbe tanto voluto giocare in cortile al pomeriggio. Allora non era mica possibile, oggi, che i tempi stanno cambiando, grazie all’autonomia dei singoli istituti scolastici e alla lungimiranza di un ristretto gruppo di insegnanti e dirigenti, oggi si può. Lo stanno facendo, per due settimane, alle elementari Chini dei Piani. Si è partiti l’anno scorso con una classe, quest’anno si è raddoppiato.

I ragazzini di terza e quarta italiana sono stati divisi: metà classe al primo piano, a lezione nelle classi dell’elementare tedesca, metà classe al pian terreno, a fare lezione nelle classi italiane ma assieme ai tedeschi. Insomma, li si è mischiati. Poi, dopo una settimana, si cambia piano e lingua. Difficile? Macché. Per i bimbi un’ovvia, scontata banalità. Bellissima però.

La racconta la maestra Daniela Casavecchi, docente di italiano alle Chini tedesche. «Lo scambio non riguarda una discipina soltanto, ma tutte». Tutto il team e tutte le discipline sono coinvolte, indistintamente. «Questo progetto di scambio - le classi miste - non è il frutto di un’improvvisazione nata l’anno scorso. La cosa è nata da tempo. La classe quarta già in prima aveva cominciato a svolgere delle attività, tipo gite insieme. Quest’anno con la quarta abbiamo condiviso un progetto di geografia: assieme alla scuola italiana siamo andati a visitare le confluenze Talvera-Isarco e Isarco-Adige. Insieme, tutti in bici». Insomma, c’erano già stati vari momenti di collaborazione. «Un prodotto nato prima e poi compiutosi in questo gemellaggio, nel 2014 con una classe, nel 2015 con due». Il feedback dei bambini è stato positivo, «fra noi insegnanti ci sono stati incontri formali, ma sono nati pure rapporti informali, dovuti anche alla vicinanza. C’erano prima solo dei rapporti esclusivamente formali, su chi magari prendeva la palestra il martedì. Invece adesso è nato qualcosa in più».

Il fatto di condividere questi ambienti, queste aule dello stesso edificio, «è un privilegio che non tutti hanno». Proprio su questo si è fatto leva, «perché incontrarsi nello stesso edificio non vuol dire confrontarsi, non vuol dire conoscersi. Si dovrebbe estendere questo modo di agire anche negli altri ambienti, di lavoro, nei condomini. Ci si incontra, ci si saluta, ma non è detto che ci si conosca. Siccome però questa è una scuola, è una cosa un po’ diversa. Quindi abbiamo considerato questo un privilegio, poi ci siamo sedute al tavolino, abbiamo discusso, infine abbiamo pensato di fare lo scambio». Un’opportunità di crescita. «Ci siamo incontrati, conosciuti, confrontati, sono nate delle riflessioni, sia da parte nostra che dei bambini, e così ci siamo aperti». È inevitabile, che vada a finire così. «Se si chiede a loro cosa sia piaciuto, è l’esperienza nuova. Sicuramente è una cosa stimolante. E anche per noi. Loro vedono come siamo noi, noi vediamo come sono loro eccetera». Due settimane, classi mischiate, feedback positivi da parte di bimbi e docenti. Per di più, e oggi come oggi bisogna proprio tenerne conto, «il tutto è a costo zero». Fondamentale è che le dirigenti - in questo caso Sabine Giunta e Angelika Ebner Kollmann - sostengano l’iniziativa. Ma i genitori? «Il feedback è positivo, per tutti. Il feedback lo danno i bambini, perché quando vanno a casa, e raccontano, e si divertono, e dicono ma che bello ma che bello...» Ascoltare una lezione nell’altra lingua, insomma, «non è poi sconvolgente come potrebbe sembrare prima di farlo. Un bimbo, l’altra mattina - era la sua prima volta - ci ha detto: “Ma tutta questa agitazione è umsonst”. Inutile».

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