Polo tecnologico bloccato fino a giugno

Il Consiglio di Stato esaminerà i ricorsi soltanto nell’estate 2015. Congelati 63 milioni di euro e ritardo di oltre un anno


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Non è tempo di Poli. Il primo, quello bibliotecario è fermo perché non ci sono i soldi. Il secondo, quello tecnologico è fermo anche se i soldi ci sono tutti. Ma per quest'ultimo le notizie sono due, una buona e una cattiva.

Iniziamo da quella cattiva: il Consiglio di Stato, presso cui pende il ricorso del pool di ditte sconfitte in sede d'appalto dei lavori, non comunicherà la sua sentenza che sbloccherà il cantiere entro l'anno, come tutti speravano. E neppure domani, ne dopo. Lo farà il 4 giugno. Comunicazione arrivata poco fa: «Il calendario predisposto prevede per quella data l'esame delle argomentazioni dei ricorrenti». Fino a giugno non si muoverà una foglia. «Tempi biblici - dice Claudio Lucchin, il progettista- tempi che nessuna azienda al mondo si potrebbe permettere». Sei mesi. Dopo averne attesi altri sei ad aspettare un verdetto che pareva giungesse in autunno. La notizia buona, ma che a questo punto scivola in secondo piano, è invece che Kompatscher e gli imprenditori hanno trovato l'intesa per predisporre il settore privato del Polo, quello che si affiancherà alle strutture di ricerca pubbliche e che consentirà quella "mixitè" istituzional-imprenditoriale che dovrebbe evitare di trasformare l'opera in una cattedrale del deserto. Impegnata, come temeva in un primo tempo Assoimprenditori, nel dragaggio di risorse pubbliche a beneficio degli enti coinvolti (Eurac, Tis, Lub ecc) più che nella redistribuzione delle stesse in stretto rapporto con le esigenze di modernizzazione delle aziende impegnate sul mercato. Questo è un elemento che stava molto a cuore a Pan, presidente confindustriale altoatesino e anche a Bizzo, che, da assessore, aveva iniziato il percorso del Polo. E pure a Kompatscher che adesso ha raccolto l'eredità dell'impresa spingendo subito sulla sua componente "leggera", quella che vedrà la compartecipazione pubblico-privato. E anche una diversificazione delle responsabilità. Questa redistribuzione virtuosa degli spazi dentro la struttura è un elemento che, negli ultimi giorni, ha ottenuto una visibilità strutturale. Spiega Claudio Lucchin: «Chi parteciperà, tra i privati, al bando per l'assegnazione dei terreni dentro il Polo, dovrà accompagnare questa sua dichiarazione di volontà con una proposta di ricerca. Spiegare su quali settori e in che modo userà spazi e aiuti che dovranno così essere indirizzati all'innovazione». La sostanza della norma è che in questo modo si eviterà che le operazioni di ingresso nel Polo si traducano in semplici speculazioni immobiliari. Ma questo è l'altro ieri. Ieri, oggi e domani è invece l'attesa di altri sei mesi. Come se fosse stato apposto un sigillo alla doppia velocità con cui viaggia il Paese: una, quella delle imprese e del mercato, l'altra quella della giustizia. La clinica Bonvicini ha dovuto attendere anni per una sentenza del Tar. Il Polo tecnologico, invece, la decisione del Tar l'ha già in tasca. Ed è favorevole alla riapertura del cantiere. Ma ora tocca al Consiglio di Stato. «L'unica consolazione - commentano Lucchin e quelli del Bls che coordinano il progetto insieme- è che i giudici hanno una base d'appoggio importante nella decisione già presa dai giudici amministrativi regionali. Non si parte da zero». A questo punto gli scenari sono tre: o il Consiglio respinge il ricorso o lo accoglie ma, in ogni caso, il cantiere riaprirà il giorno dopo con l'uno o l'altro pool di imprese. Il terzo scenario è il meno auspicabile: che i magistrati trovino vizi di forma nella procedura fin qui seguita per l'appalto e chiedano di rifarlo. Ma è una prospettiva statisticamente improbabile. Il risultato è che, in ogni caso, fin quasi all'estate nulla di muoverà in Zona (post)industriale a Bolzano. Perché anche il terzo lotto, quello accanto all'ingresso principale dell'ex Magnesio, non coinvolto nel ricorso, è interconnesso con l'altro. Tempi? «In ogni caso contiamo di chiudere i lavori nel 2017»,PAOLO immagina Lucchin. Con almeno un anno di ritardo. E con tutti i 63 milioni necessari già a disposizione.













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