L'intervista

«Prezzi, case, stipendi. Io, sindacalista da 30 anni, non ho mai visto una crisi simile» 

Parla Alfred Ebner, segretario Spi/Cgil: «Dalla povertà relativa è un attimo finire in quella assoluta». Le proposte: aumento delle retribuzioni, manovre della Provincia sull’Iva, aree per costruire


Paolo Campostrini


BOLZANO. Dai numeri non si scappa. E i numeri dicono che Bolzano vive con due punti di inflazione in più del resto del Paese. «Non è solo un differenziale. Rischia di essere un baratro, se non lo si affronta con le armi giuste»: sorride amaro Alfred Ebner, mentre rilegge i dati dell'emergenza. Che non è nuova. Visto che il capoluogo soffre di un costo della vita strutturalmente inavvicinabile in altre latitudini. Ma è nuovo l'accanimento con il quale i prezzi insistono a salire ora. «Se non ci si mette subito insieme, Provincia, Comune, consumatori, sindacati, chi altro vuole, il problema può andare fuori controllo» insiste. Con una conseguenza immediata: «Almeno due/terzi della popolazione si trova in difficoltà, ma con qualche consumo in meno e un risparmio in più ce la può fare. Ma per l’altro terzo siamo al limite. E dalla povertà relativa è un attimo finire in quella assoluta».

Ne ha viste tante Alfred Ebner. Ha guidato la Cgil. Ora ne coordina i pensionati nella Spi/Cgil. Ma questo momento ha tutta l'aria di essere più grave di quelli che l’hanno preceduto.

Bolzano rischia anche la tenuta del suo tessuto sociale?

Sono trent'anni che faccio sindacato. Per questo dico: attenzione, Bolzano è sempre stata diversa dalle altre. Affitti, costi delle case, prezzi. Ma fatta questa premessa, una crisi come questa ha pochi riscontri.

Esiste la possibilità di governare tutto questo?

Esiste, se lo si vuole. Ci sono dinamiche che passano sopra la nostra testa. E anche su quella della Provincia. Ad esempio, dopo anni di Covid era forse inevitabile che si scatenasse una domanda repressa di beni. Con una offerta non adeguata. Da lì la spirale.

C'è la possibilità di mettere in campo azioni endogene?

Ci deve essere. Ricordo un altro dato. Mentre l'inflazione è schizzata a più 10% in pochi mesi, gli stipendi sono fermi. Non parliamo delle pensioni.

Ci sono stati aumenti?

Neppure paragonabili al costo della vita. Parlo di poco più dell'1% per gli stipendi e di 1,7% in più per le pensioni. Capisce che così la questione può esplodere.

Esiste un tavolo governativo, anche se ora chissà quando potrà essere riattivato. Ma può essercene subito uno territoriale. C'è spazio per azioni specifiche, qui?

Eccome. Pensiamo al fisco. La fiscalità locale è una leva molto forte. E la si può rendere molto più flessibile rispetto ad oggi.

E ancora?

L'Iva. Se aumentano i prezzi, l’Iva cresce anch'essa. E in una autonomia come la nostra ciò significa che l’Iva resta in casa. Cosa impedisce alla politica provinciale di mettere in atto azioni precise per restituirla almeno in parte, visto i maggiori incassi conseguenti all'inflazione?

Già, cosa lo impedisce?

Solo la volontà politica. Che tuttavia dovrebbe essere posta in atto dentro una strategia complessiva di interventi. A cui però aggiungerei una azione specifica di Palazzo Widmann.

Di che tipo?

La Provincia è il più grande datore di lavoro del territorio. Detiene le leve delle buste paga. Ecco, senza un qualche aumento degli stipendi, non si sarà in grado di creare un argine al costo della vita.

Solo per i dipendenti pubblici?

Certo che no. Ma una iniziativa provinciale sarebbe in grado si stimolare a cascata una risposta analoga anche da parte delle aziende private.

Un tipo di intervento calmieratore di questo tipo può essere disegnato anche per la casa?

Qui entrano in campo le visioni. Serve, come dice il mio amico Toni Serafini, fare finalmente un Puc. Senza programmazione urbanistica i problemi, restando fermi, si aggravano automaticamente.

Bolzano non ha aree. E senza aree le case sembrano costruite d'oro. Come se ne esce?

Proviamo a fare un censimento. Cosa c'è, cosa no, quanti lotti inutilizzati, dove esiste o meno la possibilità di cambi di destinazione d’uso a seconda delle esigenze che nascono. Invece non si fa.

In Comune dicono che non ci sono spazi.

Non basta. Non è possibile che un bolzanino spenda di media 1/3 dello stipendio per l’affitto. Non è morale. Se questo accade, il Comune e la Provincia devono fare qualcosa, non si può accettare una realtà di questo tipo. Senza contare che questo stato di cose condiziona pesantemente lo sviluppo della nostra comunità in una infinità di altri settori.

Ne citi uno.

La sanità. Non si trovano infermieri? Ci credo. Uno fa due conti e dice: arrivo a Bolzano e spendo in affitto metà di quello che guadagno. E allora resta dov'è. E così per operai e studenti.

C’è chi sceglie di andare ad abitare fuori città. Anche migliaia di bolzanini.

La periferia non è poi più così conveniente. Poi, queste scelte obbligate comportano altre emergenze. La prima è il traffico. Siamo diventati una città di pendolari.

Non parliamo di strade...

Vedo solo ritardi per ora. In verità, tutto legato. Dunque si deve intervenire subito insieme. Ma non con soluzioni semplici. Ad esempio, la Zona. C'è chi vuole renderla abitativa. Bene. Ma solo in poche sue porzioni. Già adesso è, più che industriale, commerciale. Ma attenzione: non possiamo rinunciare alla nostra produzione. I nodi stanno venendo al pettine. Ora serve il pettine...».













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