Profughi, 30 libici portati ai Bagni di Zolfo

La struttura riaperta per ospitare gli stranieri, la Lega Nord protesta: «La città è in emergenza»



BOLZANO. Recapitati senza dire nulla, senza avvertire nessuno: come se fossero un gatto di polvere da nascondere sotto il tappeto. Il 23 dicembre, due giorni al Natale, l’amministrazione decide che nella struttura “Bagni di Zolfo”, che un tempo ospitava per l’Azienda Servizi Sociali di Bolzano pazienti con handicap e disturbi psichici, sarà la nuova casa di trenta profughi di origine libica. Oddio, casa è dire molto: qualche stanza spoglia e un’inspiegabile operazione di rimozione dei mobili e dei cartoni buttati in cortile come spazzatura. Ci sono materassi, letti, lampade e persino tre sedili in fila di quelli da sala d’attesa. Poco più in là un corvo sbecchetta qualche improbabile rimasuglio da una scrivania: sembrano una cosa comune con l’ambiente circostante. Malinconico e un filo desolante.

Appurata l’impossibilità di parlare con un responsabile proviamo ad avvicinare qualcuno degli ospiti. I libici sono arrivati da qualche giorno e dell’italiano capiscono giusto i gesti, ma da via Macello è arrivato a trovarli un nutrito grupppo di ragazzi del Bangladesh. Tutti uomini. Con Suhail Faktorish funziona la chiave dell’inglese che apre uno scrigno di pensieri. «Ho 23 anni e se lei mi chiede come mi sento io davvero non so cosa risponderle. Sono tre mesi che sono arrivato a Bolzano, scappando da conflitti e violenze. Sono contento ci siano delle strutture che ci ospitano e mi ritengo fortunato ad averle raggiunte. Il problema è che siamo senza prospettive. Vorrei lavorare, ma non ho i documenti. Vorrei avere un contatto con il resto della società, ma non ho gli strumenti linguistici e spesso alimentiamo qualche diffidenza». Pare, insomma, un giovane con la voglia di costruirsi un futuro a Bolzano. «Costruirmi un futuro sì, ma non in questa città. Sono partito con l’obiettivo di raggiungere la Sicilia, ma non so bene come riuscirci. Pochissimi di noi, comunque, pensano di fermarsi in Alto Adige. Il vostro territorio, di solito, è una tappa parziale e non una meta finale». Che qualcosa non quadri nella loro visione dell’Italia come sistema, però, lo si avverte nella frase finale. «Il vostro Paese sta bene e garantisce occupazione. Si tratta di uno Stato che potrebbe e dovrebbe aiutarci di più».

Per sentire l’altra campana del tema basta fare pochi passi ed incrociare alcuni militanti della Lega Nord che hanno organizzato una piccola protesta davanti all’ingresso della struttura. «Questa è una struttura - l’attacco del consigliere regionale Maurizio Fugatti - per persone con disagio psichico o disabilità che è stata consegnata ai profughi perchè ai Piani non hanno più posto. È l’ennesima conseguenza dell’operazione Mare Nostrum che continua a portare persone disperate anche alle nostre latitudini. A Bolzano siamo di fronte a una vera emergenza con il moltiplicarsi di situazioni precarie e sedi riconvertite. Crediamo che questa situazione debba definitivamente finire». C’è spazio anche per una stoccata collegata alla stretta attualità. «La Norman Atlantic affonda e deve essere aiutata dalle forze greche perchè le nostre navi sono impegnate in Mare Nostrum. Francamente è stucchevole».

Continua a far discutere, invece, il metodo del massimo riserbo scelto per dislocare i profughi in arrivo. Un atteggiamento che porta a situazioni equivoche come quella raccontata dai titolari del vicino distributore. «La sera del 23 dicembre abbiamo visto ammassarsi davanti alle pompe decine e decine di africani. Abbiamo provato ad avvicinarli per chiedere cosa fosse successo e sono scappati dalla paura. Non abbiamo davvero capito cosa stesse accadendo così abbiamo chiamato la polizia- Già in passato siamo stati vittime di danneggiamenti. Non bastava dirlo?». (a.c.)













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