Profughi bambini, «chi non scappa trova anche lavoro»

Volontarius: uno di loro è cuoco ed è stato assunto a Merano In due mesi 50 arrivi in struttura, erano 44 in tutto il 2014


di Alan Conti


BOLZANO. Li chiamano “non accompagnati”, ma in realtà qualcosa con loro portano: l’obiettivo di arrivare. Da un parente, da un amico o semplicemente da un conoscente. Spesso è l’unica cosa che hanno e non ci rinunciano. Il fenomeno dei profughi minorenni che arrivano sul territorio altoatesino senza nessun adulto che ne abbia la responsabilità sta letteralmente esplodendo e bisogna capirlo prima ancora di pensare di controllarlo. Ci proviamo con l’associazione Volontarius che verifica quotidianamente esperienze di questo tipo. «Non sono quasi mai bambini - precisa Andrea Tremolada, coordinatore dei centri profughi - ma sopratutto adolescenti tra i 14 e i 17 anni. Sempre minori, certo, ma spesso con una rotta precisa che porta verso il Nord Europa dove hanno parenti, amici o conoscenti ad attenderli». I flussi, però, sono in aumento vertiginoso. «Decisamente. Purtroppo le note situazioni che si sono verificate tra Libia, Siria, Afghanistan, Eritrea e Paesi in ginocchio determina, a cascata, un aumento del fenomeno. Sono numeri difficilmente prevedibili, ma su cui è bene ragionare. Le cifre e il quadro sono precisati dal responsabile di settore Simone Bracalente: «Nel 2014 nella struttura specifica di via Roma abbiamo ospitato 44 minori. Nei primi due mesi del 2015 siamo già arrivati a 50. L’aumento è evidente, ma cerchiamo di gestire la situazione nel modo più sistematico possibile». Quasi tutti, però, nelle strutture non vogliono rimanere ed essendo minori non possono essere trattenuti. «Sì, questo è vero. Possiamo dire che circa il 70% dei non accompagnati ha comunque un riferimento parentale in altri Paesi da raggiungere. Di solito Germania o Danimarca sono le più quotate, ma non sono certo le sole. Le nazionalità sono quelle delle zone più conflittuali, prevalentemente africane. Una geografia di molto cambiata rispetto a qualche anno fa quando erano in larga parte ragazzi albanesi ad arrivare. In numero molto più contenuto». Il 30% che rimane? Che destino ha? «Prima di tutto segue dei corsi di alfabetizzazione curati proprio da Volontarius, poi può trovare degli sbocchi nei percorsi professionali predisposti dalla Provincia con una dotazione occupazionale fissa per loro. Possiamo seguirli fino ai 21 anni, poi prendono la loro strada: c’è anche chi è diventato piccolo imprenditore oppure chef di successo». «Purtroppo questi posti sono appena 14 in tutto l’Alto Adige. Vanno aumentati» sottolinea, però, il consigliere provinciale Riccardo Dello Sbarba. Riflette sul fenomeno anche il Comune. «È un tema che i media hanno fatto bene a sollevare - l’opinione dell’assessore Luigi Gallo - e su cui sarà bene interrogarsi per reagire anche in rete. L’espansione è evidente e, anche se non è facile, vanno trovate delle risposte».

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