Profughi, c’è il camper della solidarietà

Primi giorni di attività per «Volontarius» che distribuisce prodotti alimentari ai migranti e pannolini alle mamme


di Alan Conti


BOLZANO. Un camper può essere simbolo di tante cose. Di libertà, fuga dagli schemi di tutti i giorni, vacanza e aria aperta. Qualche volta, però, ha molti più significati e quello parcheggiato da Volontarius davanti alla stazione porta con sè aiuti, speranza e anche tanta generosità. Primi giorni di lavoro della piccola unità di crisi dispiegata a supporto dell’ormai quotidiano arrivo dei profughi in stazione. Ci sono i ragazzi volontari che portano biscotti, acqua, frutta e scatolette con le posate nella sala d’aspetto del binario 4. Qualcuno si avvicina direttamente al mezzo: c’è anche il necessario per darsi una rinfrescata, pannolini per le mamme e una parola di conforto o aiuto. Ci sono anche bolzanini che arrivano e consegnano quanto può servire per dare una mano. Cibo e vestiti soprattutto. «Credo sia un nostro dovere contribuire a questa emergenza con quello che possiamo - spiega Carmen Bacchiega - e nel nostro piccolo essere parte solidale».

All’interno della stazione, intanto, è l’ennesima puntata di un’emergenza continua. Nella sala d’aspetto al binario 4 si ammassano volti e storie segnate dal viaggio. Verrebbe voglia di parlarci, ma non è semplice. Chi ci riesce benissimo è Hassan Faisal, somalo che da tre mesi è a Bolzano e collabora con Volontarius proprio all’emergenza profughi. «Sono stato cinque anni in Sicilia nella zona degli sbarchi e della prima accoglienza, Conosco questa situazione e i pensieri di questa gente». Quali sono? «Evitare di rimanere incastrati in Italia, dove sarebbero costretti a chiedere asilo secondo gli accordi di Dublino. Per quello scappano, evitando i centri di prima accoglienza dove dovrebbero rimanere dei mesi. Arrivano fino a qui e non sanno esattamente dove si trovino. È il primo confine che incontrano, ma di sicuro non si aspettano di dover scendere». Non se lo aspettano semplicemente perchè spesso non hanno nemmeno un’idea geografica del dove si trovino. «No, assolutamente, Noi glielo indichiamo con le cartine». Negli ultimi giorni, però, stanno aumentando i giovanissimi e le famiglie. «Sì, i nuclei familiari sono sempre di più. Oggi abbiamo una mamma eritrea con addirittura sei figli. Non è facile muoversi in queste condizioni: sono situazioni davvero al limite». Perchè puntano così diretti verso la Germania? «Perchè sanno che l’Italia è un Paese con delle difficoltà che non regala molte garanzie. In Germania, invece, c’è un contributo di 350 euro mensili che si può provare a ottenere come base per costruire una nuova vita». Una base che è un obiettivo.

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