Quella di Magnago è la storia del Novecento


Andrea di Michele


Attraverso la biografia di Silvius Magnago scorre per intero la vicenda del Novecento, o meglio di quello che lo storico britannico Eric Hobsbawm ha definito il “secolo breve”, che dallo scoppio della Grande Guerra, passando per il secondo conflitto mondiale e la guerra fredda si è concluso nel biennio 1989-91, con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica. A ben vedere, la periodizzazione di Hobsbawm si attaglia bene anche alla storia del piccolo Alto Adige e con essa alla biografia umana e politica di Magnago.
Silvius Magnago nasce insieme al “secolo breve”, per l’esattezza il 5 febbraio 1914, pochi mesi prima dello scoppio della guerra mondiale. Nella sua data di nascita vi è il richiamo a un momento centrale per la grande storia mondiale ma anche per le vicende della nostra regione e cioè a quel conflitto il cui esito sancisce il crollo dell’Austria-Ungheria e il passaggio del Sudtirolo e del Trentino all’Italia. Nasce a Merano da padre trentino, un giudice imperial-regio, e da madre originaria di Bregenz. Nei luoghi di origine della famiglia vi sono un po’ dei caratteri dell’Austria e del Tirolo di allora: nasce in Sudtirolo, ma con radici nel Vorarlberg e nel Trentino italiano.
Anche per lui arriva presto il fascismo, gli studi e la laurea in legge a Bologna, poi l’opzione per il Reich, l’arruolamento nella Wehrmacht, il fronte russo, la mutilazione, il ritorno a casa e l’avvio di una lunga carriera politica da protagonista.
Dopo i primi passi nel consiglio comunale di Bolzano e nelle vesti di vicesindaco del capoluogo, guida la Volkspartei dal 1957 al 1991 e la giunta provinciale dal 1960 al 1989. Sono gli anni del lungo confronto sulle sorti dell’Alto Adige, che i Quattro Grandi vincitori della guerra avevano voluto restasse assegnato all’Italia, ma in una cornice ben diversa da quella disegnata dalla sopraffazione fascista.
Ed è proprio nel contribuire a disegnare questa cornice, e cioè i caratteri dell’autonomia provinciale, che il ruolo di Magnago è stato centrale. In questo percorso, due sono i momenti ben impressi nella memoria collettiva dei sudtirolesi, con Magnago quale indiscusso protagonista. Il primo è quello del 17 novembre 1957, quando più di 30.000 sudtirolesi provenienti da tutta la provincia si ritrovano a Castel Firmiano per gridare la propria insoddisfazione verso il primo Statuto di autonomia che, mettendo al centro la Regione e assegnandone le chiavi a Trento, era visto più come un mezzo per la prosecuzione della vecchia politica di snazionalizzazione che come strumento di garanzia della popolazione di lingua tedesca. È in quell’occasione che Magnago, al suono del “Los von Trient”, si impone definitivamente come la nuova guida del partito, segnando il tramonto della vecchia leadership dell’Svp considerata troppo debole e rinunciataria. E’ una dimostrazione di forza che costringe Roma alle trattative, ma è anche una valvola di sfogo di tensioni accumulatesi pericolosamente negli anni precedenti.
Il secondo momento è la notte del 22 novembre 1969, quando il carisma di Magnago risulta decisivo nel far approvare dal congresso dell’Svp, seppure a stretta maggioranza, il Pacchetto di misure a tutela della minoranza, che avrebbe costituito il secondo Statuto di autonomia. Con il passare degli anni, questi due momenti, il 1957 e il 1969, hanno assunto un carattere mitico nel racconto della recente storia del Sudtirolo. Ma è forse in ciò che sta in mezzo a quelle due date che va ricercato il merito maggiore di Magnago, ovvero quello di aver condotto un lungo, difficile, ostinato confronto con Roma, capace, grazie a entrambi gli interlocutori, di approdare a un esito positivo, nonostante le iniziali incomprensioni, le tensioni e le bombe.
Nel 1992 Magnago lascia la guida del partito e lo stesso anno, con il rilascio della quietanza liberatoria, si chiude davanti all’Onu la lunga vertenza sudtirolese. E’ il “secolo breve” che finisce, anche in Alto Adige, con una perfetta coincidenza tra la storia mondiale, la piccola storia locale e la vicenda politica di Magnago.
Oggi le problematiche che si presentano al mondo politico sono molto diverse da quelle con cui Magnago si è dovuto confrontare. Lui ha lavorato all’interno di un’ottica novecentesca, per costruire un modello di convivenza di gruppi linguistici (anzi, etnici) ben distinti e separati, dai confini facilmente tracciabili. Un modello che ci ha consentito di giungere pacificamente alla realtà odierna, profondamente diversa, con una società dai confini più labili, da cui provengono richieste nuove, come quella di una maggiore integrazione, e nuove sfide, come l’immigrazione.
Le prove che Magnago ha saputo affrontare sono state tutt’altro che facili, ma quelle che attendono l’attuale e la futura classe politica non saranno da meno.

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