Quella Piazza non è più delle Erbe

I banchi di frutta e verdura da 30 sono diventati quattro: lavoro duro e politica assente. Ecco come e perché cambia fisionomia un simbolo della città


Fabio Zamboni


BOLZANO. La chiamavano Piazza delle Erbe. E la chiameranno così ancora a lungo, anche se di erbe ce ne sono sempre meno. Trent'anni or sono il nome era giustificato da almeno venticinque banchi che vendevano frutta e verdura di stagione. Era riferimento obbligato per i bolzanini e sfondo gettonatissimo da fotografi e autori di dépliant turistici. Da un paio d'anni, i venditori superstiti lanciano Sos inascoltati mentre politici e rappresentanti di categoria predicano contro l'involuzione merceologica dei prodotti e contro l'imbarbarimento dei frequentatori notturni, senza che nulla accada se non che molti banchetti chiudono o passano la mano.

Il vicesindaco di Bolzano Ladinser, ad esempio, da tempo puntualmente tuona contro la perduta "tipicità" della piazza, ma nel frattempo i vigili annonari rendono spesso la vita difficile a chi resiste. Con il rischio che la querelle si trasformi in una crociata contro l'avvento degli extracomunitari che esaltano il dattero e che sono però i soli a sopportare la fatica e i modesti guadagni.

E allora siamo andati a vedere come e perché la piazza cambia, come e perché Piazza delle Erbe non è più la piazza delle erbe. Scoprendo che i 25 banchetti degli anni Ottanta sono diventati quattro: «E come potrebbe essere altrimenti - dice sconsolato Pino Perri, da trent'anni all'angolo fra la piazza e Via Portici - provi a chiedere a un giovane di lavorare 13-14 ore, alzandosi la mattina alle cinque e sopportando freddo e guadagni non proporzionati alla fatica. Gli unici oggi disposti a fare questo lavoro sono gli extracomunitari, che anch'io ho assunto quando, dopo quasi 30 anni di lavoro alle dipendenze di Bonadio, ho rilevato il banchetto».

Ma i cienti sono bolzanini o turisti?
«Più bolzanini, ma il centro si sta un po' svuotando. E poi ci sono i controlli spietati dei vigili, il Conmune non ci aiuta. Invece di proteggerci come attrazione turistica, ci perseguitano se solo c'è un prezzo poco visibile o una cassetta che sporge. Le regole vanno bene, ma addirittura ostacolarci è troppo».

Spesso i vostri prezzi sono più bassi di quelli del mercato: perché?
«Ce lo dicono tutti, ma noi qui ci viviamo e dobbiamo fare di tutto per attirare la gente. E siccome abbiamo clienti fedeli, non possiamo esgerare. Eppure abbiamo spese più alte, perché io ad esempio devo pagare l'affitto del banco al proprietario e stipendiare tre dipendenti». Che cosa cambierebbe, di questa situazione?

«Piazza delle Erbe ormai ha cambiato fisionomia e non si può fare marcia indietro. L'unica è resistere: quando molleremo noi "storici", sarà dura trovare dei sostituti. Siamo rimasti in quattro a vendere frutta fresca». Al banco di fronte, quello di Loris e Antonella Panichi, quest'ultima conferma le difficoltà: «Regole troppo rigide: pensi che ci fanno osservazione persino per le protezioni di plastica trasparente con cui ci ripariamo dal freddo». Dettagli che non sono dettagli, per chi lavora all'aperto dieci-dodici ore.

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