«Regina Pacis» in lacrime per la morte di don Paolo

Michelini, 88 anni, ha retto la Parrocchia per 24. È stato decano a Merano È stato anche in Africa con don Balbo. Valente: «Vicino a chi viveva ai margini»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. «Regina Pacis» in lutto per la morte di don Paolo Michelini, 88 anni, che ha retto le sorti della Parrocchia di via Dalmazia per più di ven’tanni, dal 1964 al 1988, cercando di aiutare soprattutto chi viveva ai margini della società. Michelini, nato l’11 aprile 1926 a Rovigo, era originario di Rovigo, ma è stato ordinato sacerdote a Trento. Ha insegnato religione ad Ala, ma anche a Bolzano e nel 1956 è diventato parroco a Drena, in Trentino, incarico che ha svolto fino al 1961. Dopo la lunga e apprezzata esperienza a Regina Pacis, dove ha lasciato il segno facendosi ben volere da tutti, è stato decano e parroco a Santo Spirito, a Merano, incarico che ha ricoperto fino al 2001. Dal 2009, poi, è rimasto attivo, come collaboratore parrocchiale, a San Paolo-Aslago.

Paolo Valente, direttore della Caritas italiana, lo ha conosciuto bene e ne ricorda la capacità di tradurre, concretamente, il messaggio del Vangelo, oltre che la naturale predisposizione ad aiutare i più deboli. «Con don Paolo - sottolinea Valente - se ne va un prete che ha avuto l’inquietudine del profeta. Sempre attento a tradurre in termini concreti il messaggio evangelico: nella comunità cristiana, nella scuola, nella politica, nella cultura e nel sociale. Con un’attenzione particolare, negli anni vissuti da parroco e da decano e anche successivamente, per coloro che vivono al margine della società perché, diceva, una comunità non è tale finché emargina qualcuno».

Don Paolo si è sempre dedicato alla formazione e allo studio della Bibbia, delle novità nel campo della pastorale, ma anche dell’attualità. «È uno dei preti - continua Valente - che più si sono spesi per trovare il modo di attuare le novità del Concilio Vaticano II, invitando i cristiani a uscire dalle sacrestie, per impegnarsi con tutti gli altri nella società e sul territorio. È stato un maestro, un compagno di strada e un amico per molti».

Lo ricorda anche il gruppo missionario "Un pozzo per la vita". «È stato un grande amico e sostenitore del gruppo missionario con il quale ha collaborato partecipando in prima persona al direttivo. Come in ogni ambito nel quale la sua vocazione l’ha condotto ad operare, ha messo le sue doti umane ed intellettuali al servizio dell’opera umanitaria e della solidarietà. L’attenzione agli ultimi e il desiderio di partecipazione avevano spinto don Paolo a recarsi in Africa con Alpidio Balbo, per conoscere quella realtà, fatta di bisogni materiali e spirituali, che contribuiva ad aiutare. La sua è stata una testimonianza che ricordiamo come un grande dono».

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