«Renzi? Mi fido ma comunque chiamo Vienna»

La strategia per blindare l’accordo finanziario I contributi: a settembre la proposta sui criteri


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Al secondo piano di Palazzo Widmann, quello del presidente, ci sono lavori in corso. Addio al divano in corridoio per gli ospiti in attesa (di Durnwalder). Abbattuta una parete, verrà ricavata una sala d’aspetto «normale». Arno Kompatscher ha ripreso gli appuntamenti istituzionali. Ieri doppio incontro sulla autonomia, prima con i parlamentari poi con i capigruppo consiliari. Inizia la preparazione dell’autunno politico: sul tavolo, la trattativa finanziaria con Roma, la carta da giocare della tutela austriaca, i nuovi criteri per l’assegnazione dei contributi. La conversazione, tra le opere di arte contemporanea dell’ufficio, è anche l’occasione per fare il punto sui primi mesi di lavoro della giunta. Visti i capelli bianchi infittiti, questa la prima domanda.

È più difficile del previsto?

«No. Prima di iniziare ero consapevole di quanto i tempi fossero cambiati. Sono soddisfatto che in così poco tempo abbiamo già reimpostato molte cose. E sono soddisfatto di avere creato una rete forte di rapporti nazionali, internazionali e anche regionali: ci si sarà accorti che non arrivano più sparate dal Veneto contro le “speciali”. Il clima è cambiato. Ci ho lavorato».

Momento delicato per l’autonomia. La riforma costituzionale in discussione prevede una clausola di salvaguardia, ma il percorso è solo all’inizio e il voto favorevole della Svp in Senato ha provocato le reazioni di ex come Riz, Peterlini e Durnwalder.

«L’Italia passa da un sistema all’altro. Con la riforma del 2001 sembrava che la soluzione si chiamasse federalismo. Mai attuato, tra l’altro. Adesso si crede alla ricetta del nuovo centralismo, sbagliando a mio parere. A livello nazionale abbiamo cercato di remare contro, ma la regioni ordinarie si sono arrese. Non restava che allearci con le autonomie speciali “virtuose” del nord, in particolare il Friuli Venezia Giulia. L’importante è rimarcare le differenze, altrimenti si finisce come nella trasmissione di Vespa, con Alto Adige e Sicilia accostate. Per fortuna il premier Renzi sa distinguere. A Castel Presule ha detto che siamo di esempio».

Si fida di Renzi?

«Finora il governo ha mantenuto gli impegni. È stata inserita la clausola di salvaguardia. Ciò significa che al momento della revisione degli statuti, da fare d’intesa con noi e questa è una novità decisiva, ci sarà la possibilità di differenziare le situazioni».

Per questo parla poco della trattativa e tiene un profilo basso? Non crede che dovrebbe coinvolgere di più la popolazione? Se perderà, perderà da solo.

« Non sono affatto solo. Organizzo incontri con i deputati di tutti i partiti. Anche con la Biancofiore, che però non viene. Quanto ai toni, finora il governo ha mantenuto».

Uno statuto blindato serve poco, se poi il bilancio viene tagliato per decreto. Lei dice di voler coinvolgere l’Austria nella trattativa con Roma. Come?

«Infatti è decisiva la trattativa finanziaria. Dopo un avvio deludente l’impostazione è migliorata. Sì, l’obiettivo è coinvolgere l’Austria. Nel 1992 la clausola liberatoria ha elevato lo Statuto a livello internazionale. Vorremmo fare rientrare i nuovi accordi in questa logica, perché siano appellabili alla corte de L’Aja. Abbiamo iniziato a parlarne a Castel Presule».

Non crede che gli ex si prendano spazio perché la vostra giunta non si sta ancora ritagliando un profilo forte?

«È sempre avvenuto. Non ho problemi se le persone che se ne intendono esprimono pareri. Non mi piace quando ci si muove per vanità o per strumentalizzazione. Sappiamo cosa facciamo e abbiamo le idee chiare».

Con quante persone si confronta? Qual è la sua cerchia di massima fiducia?

«Non escludo nessuno. Al contrario, sto lavorando perché, con le dovute differenze, prevalga la ragion di Stato. Diciamo la ragione di Land... All’inaugurazione della fiera Unika, per dire, ho parlato a lungo con Pius Leitner».

Uno degli atti più forti della giunta è stato bloccare le domande per i contributi. Avevato calcolato i rischi?

«Il rischio politico?».

No, le ripercussioni per le categorie colpite.

«Gli impegni presi verranno rispettati. La nostra azione era proprio per garantire la certezza del diritto. Con una attesa di cinque anni il sistema non funzionava più. Nemmeno giuridicamente. È un principio Ue che i contributi vadano concessi solo quando fanno la differenza, cioè quando sono decisivi per fare decollare un progetto. Concessi cinque anni dopo, a cosa servono?».

E il rischio politico?

«Se una scelta è dovuta, è dovuta. Felicemente poi le categorie si sono dimostrate responsabili. Hanno capito e apprezzato la trasparenza con cui ci siamo mossi. La domanda era: “ripartiranno?”. Sì, con criteri riformulati. In alcuni settori la procedura è già riaperta. A settembre presenteremo le linee generali, discusse con le categorie. La linea sarà: non più contributi a pioggia, focalizzazione su innovazione, formazione, sburocratizzazione. Entro l’anno avremo la nuova impostazione».

Con la sanità farete ciò che serve o vi farete intimorire dalle reazioni dei territori o delle categorie interessate?

«Abbiamo dato l’impressione di farci intimidire? Se penso che una cosa sia corretta, la faccio. Per quanto riguarda la sanità, abbiamo detto che c’è un costo eccessivamente elevato per le spese amministrative: si dovrà intervenire sulla struttura amministrativa della sanità. E non solo lì. Il direttore generale che verrà assunto seguirà la spending review nella pubblica amministrazione». L’Alto Adige ha prosperato grazie al mix felice di visioni e di risorse che ne permettevano la realizzazione. Pensiamo al sostegno alla agricoltura di montagna, che è stato il volano di un turismo con diffusione capillare. È il momento di nuove visioni?

«Il modello è stato aggiornato, non è rimasto statico. Vogliamo essere un paese moderno. Avevamo capito che il benessere della periferia è benessere anche dell’area urbana. All’epoca qualcuno criticò le strade portate fino all’ultimo maso, oggi essenziali per chi ci vive e per il turismo. Le nuove infrastrutture saranno la banda larga. Abbiamo avuto una visione, e c’è ancora, declinata in un periodo di crisi : puntare sulla formazione e sull’innovazione dei settori economici».

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