Richiedenti asilo, in città il 39% del totale 

Il Comune ha garantito il riequilibrio: nel 2016 nel capoluogo erano il 77% . Chiara Rabini: «Puntare sui piccoli gruppi»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Insistere è servito. A Bolzano il numero dei richiedenti asilo è diminuito di 206 persone rispetto al novembre 2016, ma soprattutto è stato in buona parte sanato lo squilibrio tra il capoluogo e gli altri Comuni. A fine 2016 Bolzano accoglieva il 77% dei richiedenti asilo presenti in Alto Adige. Oggi la percentuale è scesa al 39%. C’è ancora da fare, perché la quota di richiedenti protezione internazionale assegnata a Bolzano è di 400 persone. Attualmente in Alto Adige sono ospitati 1.625 richiedenti asilo, di cui 636 a Bolzano. Alla accoglienza dei richiedenti asilo è stata dedicata ieri sera la seduta del consiglio comunale. Chiara Rabini, referente comunale per i richiedenti asilo e i rifugiati, ha presentato l’attività nel periodo novembre 2016-marzo 2018. È stata seguita dalle relazioni di Volontarius e Caritas. Alleggerire la presenza sulla città fa bene ai migranti, che progressivamente entrano a fare parte del sistema di accoglienza Sprar dei Comuni, piccoli numeri con progetti di integrazione, non solo di accoglienza emergenziale. Fa bene anche alla città, perché si attenuano tensioni e timori dei cittadini, si sottrae terreno alle speculazioni politiche. Il merito dell’inversione di tendenza va al sindaco Renzo Caramaschi e all’assessore Sandro Repetto, che dall’estate 2016, quando si sono impennati i numeri degli sbarchi e dei transiti al Brennero, hanno incalzato la Provincia perché desse una scossa ai Comuni recalcitranti. Solo a fine 2017 è stata introdotta la norma che penalizza nei finanziamenti i Comuni che non rispettano le quote di accoglienza. Ma nella sua relazione Chiara Rabini ha ricordato anche i buchi e i ritardi nel sistema, l’impegno dei volontari (anche medici), le chiese che hanno aperto le porte, la generosità di privati e imprenditori. Ci sono state tragedie in questo anno e mezzo, ha ricordato Chiara Rabini, e soggetti deboli lasciati sulla strada, soprattutto nella gestione dei «fuori quota».

LE CIFRE AGGIORNATE. Il Brennero è uscito oggi da ogni emergenza legata ai flussi, nonostante la minaccia ricorrente austriaca di rinforzare i controlli. «Nel 2016 nel periodo invernale/autunnale sono transitate in media mensilmente 300 persone e 450/500 nel periodo estivo/primaverile. Nel corso del 2017 al Brennero sono transitate tra 0-30 persone al giorno, a Bolzano 6/7 persone in settimana (da sud verso nord) sino all’estate (con un successivo calo) e da nord verso sud una media di 6 persone in settimana», ha detto Chiara Rabini. La svolta sull’accoglienza è arrivata con i progetti Sprar. Tutti i Comuni, tranne 10, hanno deliberato la presentazione di un progetto. Più numerose sono invece le amministrazioni che hanno la delibera, ma non ancora i progetti. Così Chiara Rabini: «I 223 posti Sprar approvati a fine dicembre contribuiranno alla riduzione delle presenze nel capoluogo, accogliendo richiedenti asilo già presenti nei centri provinciali. Entro fine anno i Comprensori dovranno attivare posti Sprar o Cas (strutture più grandi messe a disposizione dalla Provincia) per i posti mancanti (circa 400)». Questi i posti Sprar approvati nelle comunità comprensoriali: «ì50 nel Burgraviato, 49 Oltradige-Bassa Atesina, 40 Salto-Sciliar, 31 Val Pusteria, 27 Valle Isarco, 26 Val Venosta, 0 Alta Val d’Isarco.

LE STRUTTURE. A Bolzano sono attive 10 strutture, con l’Hotel Alpi in via di chiusura. Di fronte alle situazioni di crisi legate all’emergenza freddo, il Comune ha acquistato di recente l’immobile di via Comini. Chiara Rabini ribadisce l’appello al Comune di aderire al Sistema Sprar (è partita la richiesta di Sprar per minori non accompagnati). «I progetti Sprar permettono un’accoglienza integrata: accoglienza materiale, servizi rafforzati alla persona (assistenza socio-sanitaria, inserimento scolastico, apprendimento della lingua), orientamento legale, percorsi individuali di inserimento socio economico», ha ricordato la garante, mentre la gestione emergenziale basata sui grandi centri nel capoluogo «ha creato disagi per i richiedenti asilo, agli operatori e gestori, tensioni interne ed esterne».

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