Rispoli in Val di Vizze «Un fatto eccezionale»

Sopralluogo del procuratore ieri nelle zone colpite dal nubifragio «Nessuno avrebbe potuto prevedere una precipitazione di tale intensità»


di Mario Bertoldi


VAL DI VIZZE. Fatalità e forza della natura. Difficile trovare responsabilità colpose nella tragedia della val di Vizze. Ieri mattina ha voluto rendersene conto di persona anche il procuratore capo Guido Rispoli che, accompagnato da alcuni stretti collboratori (tra cui il colonnello dei carabinieri Giacomo Barone e dal sostituto procuratore Lorenzo Puccetti) , ha dapprima sorvolato in elicottero tutta la valle e le zone colpite dagli smottamenti e ha poi visitato personalmente i punti più martoriati con sopralluogo nei masi delle due vittime.

Una verifica di persona doverosa dopo il deposito da parte dell’Arma di una prima relazione di come abbiano trovato la morte le due anziane donne travolte nella propria abitazione dalla frustata di acqua e fango che sabato notte ha messo in ginocchio tutto la valle. L’impressione netta è che non ci saranno strascichi giudiziari.

E’ difficile accettare l’idea che nemmeno a casa propria ci si possa sentire al sicuro di fronte alla forza di un grosso nubifragio. E, soprattutto, è difficile accettare la constatazione che anche nella tranquillità della propria casa si possa trovare la morte soffocati da un mare di fango in grado di travolgere porte e finestre e distruggere tutto. E’ un rischio che soprattutto chi vive in montagna deve metterlo in conto. Lo ha confermato proprio la verifica di ieri. Sono stati due smottamenti in quota su versanti opposti della valle a creare il finimondo in due piccole frazioni, dapprima a Tulve, poi ad Avenes. Nel primo caso Hedwig Aukenthaler di 89 anni è stata trascinata dalla furia a valle per oltre 500 metri. Il suo corpo è stato recuperato solo alcune ore dopo, all’alba, quando le ruspe hanno iniziato a spalare il mare di melma e massi sputato dalla montagna.

Dagli accertamenti di ieri è giunta semplicemente conferma che nessuno avrebbe potuto prevedere una tale violenza del nubifragio (risultato del tutto anomalo dato che in sei ore sulla zona è caduta più pioggia di quanto solitamente ne cade in un mese) nè ipotizzare un pericolo così intenso a seguito della presenza, vicino alle case, del letto di scorrimento del rio Tulve, solitamente innocuo corso d’acqua del tutto modesto. Difficile pensare di poter ipotizzare errori o negligenza tra i responsabili dei bacini montani. Non tutto è prevedibile e, soprattutto, non a tutto si può porre rimedio. Lo sono a dimostrare le migliaia di metri cubi di fango, tronchi d’albero sradicati e stritolati, impressionanti massi rocciosi trascinati a valle e piombati in velocità tra i masi della frazione. E’ ancora tutto lì, vicino alle case in parte sventrate in parte salvate dalla furia. Stesso scenario riscontrato ad Avenes ove la seconda vittima, Irma Graus di 84 anni, è stata sorpresa dalla furia del fango mentre cercava riparo in cucina. Difficille, dunque, sostenere che qualcuno avrebbe potuto prevedere. L’unico aspetto che il procuratore Rispoli intende verificare riguarda alcune valutazioni tecniche effettuate nel corso dei decenni in occasione del rilascio delle licenze edilizie. Nelle zone colpite non ci sono solo masi centenari ma anche caseggiati relativamente moderni con strutture costruite 30, 40 o 50 anni fa.

«Già nel 1990 - rivela il procuratore Guido Rispoli - tutta la valle era segnalata per pericolo di colate detritiche. Faremo delle verifiche se sotto il profilo amministrativo siano state effettuate le opportune valutazioni prima di dare il via libera ad ulteriori insediamenti abitativi. Si tratta di una indagine doverosa ma ancora a titolo conoscitivo». «Sino a questo momento - conferma ancora il procuratore - l’impressione è che la tragedia sia da addebitare ad un fatto naturale di portata eccezionale, difficilmente prevedibile». Anche sotto il profilo della prevenzione e dei soccorsi sembra proprio che non vi sia nulla da contestare. «Non si può certo pretendere - puntualizza il procuratore - che in una zona così frequentata si possa disporre l’evacuazione di un’intera valle per il pericolo di queste colate detritiche».

Dunque, l’inchiesta c’è. Non ci sono, però, nè indagati nè ipotesi di reato. Gli accertamenti di ieri hanno anche fugato gli ultimi dubbi sul possibile concorso tra le cause della tragedia di una errata gestione della diga sovrastante le due frazioni, in località Novale. Si tratta del bacino idroelettrico gestito dalla Hydros. «Il fatto che sia stata fatta fuoriuscire dell’acqua al momento della massima pressione del nubifragio non ha alcuna rileva nza causale con quanto accaduto». Sui tempi di intervento dei soccorsi e della protezione civile il procuratore non ha avuto dubbi nel definire «eccellente» la mobilitazione che tutto l’apparato ha messo in atto. Così come le squadre di intervento (alpini compresi) si stanno rivelando molto efficaci nel ripulire dal fango tutte le zone colpite, strade comprese.

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