Ristoranti al top: la Guida dell’Espresso promuove l’Alto Adige

Anche quest’anno premiata la strategia degli chef sudtirolesi


di Angelo Carrillo


BOLZANO. Differenti eppure simili. A ben guardare le distanze tra Trentino e Alto Adige in cucina sono meno marcate di quel che il semplice raffronto numerico farebbe pensare. Natura e tradizione sembrano essere ancora la linea guida della regione sia sopra che sotto la chiusa di Salorno.

Piatti che anche nell’alta cucina ruotano intorno alla ricerca della materia prima regionale spaziando con curiosità nei giacimenti golosi del resto d’Italia e spesso anche d’Europa. Certo, sul piano della classifica non c’è battaglia quando si elenca il numero altissimo di ristoranti d’alta qualità in Alto Adige che negli anni ha saputo creare un indotto davvero straordinario per una densità abitativa così ridotta.

D’altro canto con 29 milioni di pernottamenti il comparto turistico gioca un ruolo molto importante nell’economia della provincia e ripaga ingenti investimenti e scelte coraggiose. Ma il segreto della formula altoatesina non si riduce a imprenditorialità e strategia ma si fonda, come spesso ripetuto, sulla solidità e solidarietà di un comparto che marcia unito e soprattutto disciplinato dalle stalle (la base agroalimentare) alle stelle,( i numerosi chef pluripremiati dalle guide che fungono da veri e propri ambasciatori del “made in Südtirol).

D’altro canto il Trentino, pur con un minor numero di ristoranti di punta, avrebbe il vantaggio di poter contare su una ricchezza di materia prima certamente superiore a quella dell’Alto Adige con una miriade di prodotti gastronomici più o meno diffusi che vanno dalle ciuighe del Banale ai più autentici formaggi di malga del versante orientale che rispecchiano una tradizione agroalimentare dalle influenze più varie e fantasiose. Fare di questa ricchezza anche un volano economico però non è coì semplice come sanno molte altre regioni italiane. Certo non aiutano le politiche miopi e poco sagge. Vedi quel che succede con il marchio “Osteria Tipica Trentina” che per disciplinare della Provincia Autonoma di Trento viene sostanzialmente dato a tutti i ristoranti grandi e piccoli, un tempo anche pizzerie, che in buona sostanza abbiano un certa quantità di prodotti e vini trentini in carta.

Con il paradosso di scoprire facendo una visita a qualche ottimo e costoso ristorante gourmet di trovarsi, nonostante il conto e l’ambiente lussuoso e raffinato, in una “Osteria Tipica Trentina”. Una vera e propria presa per i fondelli. Una farsa che non può che rivelarsi un boomerang. E dispiace che locali blasonati condotti da persone intelligenti e capaci aderiscano a questo iniziativa che ingenera solo confusione nel consumatore meno scafato.

Anzi lanciamo un appello ai vari Scrigno del Duomo, Malga Panna, Castel Toblino e molti altri affinché rinuncino a questa denominazione lasciandola solo alle vere osterie trentine o di trovarle una valida e più realistica alternativa. Meglio scontentare qualcuno che deludere i consumatori e i turisti.

Detto questo ci piace rimarcare come il Trentino, come emerge anche dalle schede della guida, conti su personalità capaci di invenzioni e visioni coraggiose. Basti pensare ad Alessandro Gilmozzi, lo chef di Cavalese che ad una grande tecnica in cucina unisce la curiosità di esplorare e sperimentare nuove materie prime. Di contro se guardiamo all’Alto Adige alla cura impeccabile della tavola e della cucina spicca un certo conservatorismo che rifugge anche in chef più audaci come Burkhard Bacher le mode più recenti. Non è un caso che cucina molecolare e cucina a base di muschi e licheni sia qui quasi sconosciuta. Fa eccezione forse un piccolo e fantasioso chef che con la sorella ha impiantato il suo regno in cima alla Val Sarentino. Parliamo ovviamente dell’Auenerhof, da poco splendidamente ristrutturato e ampliato, dove un sempre più maturo Heinrich Schneider “ha assorbito culture e tecniche nuove con le quali impreziosire tradizione e prodotti del territorio”. Basti pensare a all’uso delle erbe di montagna che fa. Ma insomma per ora si tratta più di un’eccezione che l’annuncio di una qualche rivoluzione nella cucina altoatesina. In definitiva come ci racconta bene e in maniera esaustiva la guida Espresso, in Alto Adige e anche in Trentino si mangia bene e non manca nemmeno una certa vivacità intellettuale. Certo i cuochi rimangono sempre i maghi dei fornelli e dietro a questi dovrebbero rimanere mentre oggi anche quelli altoatesini e trentini vengono tirati troppo per la giacchetta per trasformarsi in guru e divi della televisione. Noi continuiamo a preferirli chiusi nel segreto delle loro cucine con i loro piccoli e grandi segreti, che quando vengono svelati perdono troppo spesso magia e fascino. In Trentino proprio come in Alto Adige.

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