Salorno, Ilario Dalvit ha chiuso bottega

L’ultimo fumista lascia l’attività dopo 35 anni. Ha realizzato oltre 1.400 stufe maioliche. «Oggi troppa burocrazia»


di Alessandro Bandinelli


SALORNO. Ultimo giorno di attività ieri per Ilario Dalvit, 65 anni, l'ultimo dei fumisti, nella sua bottega di Salorno.

Le sue stufe in pietra ollaree maiolica costruite in opera – oltre 1400 durante 35 anni di attività, sparse per tutto il Trentino Alto Adige ma anche fuori regione – sono state il prodotto di una passione per un mestiere antico, che Ilario Dalvit ha appreso negli anni settanta dai maestri artigiani austriaci e tedeschi.

Un capitale professionale che finirà con lui. I figli, che ieri, per l'ultimo giorno, hanno organizzato una festa a sopresa, non porteranno avanti la sua impresa.

«Il maschio – spiega Dalvit – ha scelto la strada dell'informatica, mentre a Claudia piaceva questo mestiere, veniva sempre con me, impastava la malta e tutto, ma è un lavoro troppo pesante per una donna, servono braccia».

E un apprendista? «Non ci sono scuole per fumisti qui da noi, le uniche sono in Austria e poi tanta, troppa burocrazia, è troppo oneroso».

La burocrazia, secondo Dalvit, oggi soffoca le piccole imprese: «Di colpo - spiega il maestro artigiano - strumenti che tu hai usato una vita non vanno più bene. Secondo la normativa, per tagliare una mattonella dovrei usare un macchinario che però non puoi nemmeno spostare dal laboratorio, ma come faccio se le mie stufe sono fatte su misura sul posto? E poi mille enti che devono approvare il tuo lavoro: negli ultimi anni ho mosso più carte che mattoni».

Tra le maggiori soddisfazioni della sua carriera però ricorda i lavori fatti per l'ex presidente della provincia di Trento, Pancheri, e le stufe in stile barocco, un lavoro complicato e costosissimo. Ad aiutarlo c'è sempre stata la signora Nerina, sua moglie. Una vita insieme, la loro.

«Lui faceva i progetti - racconta Nerina - e poi li discutevamo insieme, se non mi piacevano glielo dicevo e lui si arrabbiava, ma poi mi dava ragione».

Non è un peccato che tutto finisca? «È giusto così – dice senza tristezza la signora Nerina – tutto deve avere una fine». Nel frattempo gli amici continuano ad arrivare nella bottega, sono artigiani della strada oramai in pensione.

«Un tempo a Salorno via Trento era la strada degli artigiani – ricorda Ilario Dalvit – e oggi è piena di serrande abbassate, oggi solo le grandi aziende riescono a far fronte alle spese amministrative. Così le piccole botteghe chiudono, i centri si svuotano e diventano dormitori per i pendolari».

La vecchia proprietaria del “lava a secco”, anche lei in pensione, li mette in guardia: «Da domani vi accorgerete quanto vi mancherà, la vostra bottega».

Ma la signora Nerina non si scompone: «Da domani faremo i nonni».

Intanto Salorno (e non solo) perde un pezzo importante della sua storia commerciale e artigiana degli ultimi decenni.

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