Sanità altoatesina: lo scontro intra-moenia

di Giorgio Dobrilla


Giorgio Dobrilla


Qualche riflessione su alcuni importanti problemi sanitari a cui il giornale ha dedicato molta attenzione in questi giorni, questioni complesse e difficili per tutti. Liste di attesa. È ovvio che ai cittadini interessa anzitutto che le liste di attesa non siano così intollerabili.

Valeria Frangipane e Davide Pasquali hanno dato ampi dettagli in proposito su Alto Adige e il cittadino che si prenoti per una prestazione tocca con mano che le cifre riferite sono reali. In via teorica le cause possibili di queste attese spropositate sono due. La prima è che i medici ospedalieri siano brunettianamente “fannulloni”, impieghino cioè un’ora per fare ciò che può essere fatto in mezza. La seconda è che le richieste di visite ed esami siano troppe e che i medici pur efficienti siano troppo pochi.

Nel primo caso, una soluzione sarebbe prima un richiamo disciplinare e poi la sanzione dei “fannulloni”. Controllore potrebbe essere il Primario del reparto, ma se risultasse “fannullone” lo stesso Primario? Nel secondo caso, i tempi d’attesa potrebbero essere accorciati soltanto aumentando gli organici (soluzione irrealizzabile, salvo eccezioni, in tempi di vacche magre) o riducendo, come l’Ordine dei Medici opportunamente propone, il numero di richieste di prestazioni inappropriate. Un sistema di controllo al riguardo richiede per altro tempi e costi adeguati e inoltre non è nemmeno all’orizzonte. C’è in realtà un’ultima opzione: imporre tout court tempi di prestazione ridotti, aumentando così la “quantità” di visite ed esami, ma certo peggiorando la “qualità” degli stessi che invece è l’aspetto più cruciale.

Di quest’ultima inevitabile conseguenza dell’accorciamento dei tempi nessun politico ne fa cenno. Non solo. Se il medico si vede costretto da tempi esecutivi imposti a tavolino che non gli consentono di fare bene il proprio dovere, con quale entusiasmo si recherà ogni giorno al lavoro, con quale stato d’animo affronterà i problemi dei pazienti logorati da lunghe attese? Infine, il contributo alle spese per visite private a chi entro 60 giorni non riuscisse a sottoporsi ad accertamenti in ospedale, pur lodevole di per sé, sembra più un contentino momentaneo che una soluzione organica definitiva.

Visite intra moenia. Il Presidente Luis Durnwalder, verso il quale a scanso di equivoci nutro personalmente molta stima, dice che non ci deve essere in un ospedale pubblico una sanità a due velocità, una per chi può permettersi il lusso di visite private veloci e una per i meno abbienti che devono mettersi in fila e pazientare. Chi potrebbe dissentire? Prescindendo tuttavia dall’aspetto etico su cui esistono posizioni contrastanti, mi si permetta al riguardo una duplice chiosa. La prima che la legge, giusto o no che sia, prevede l’intra moenia e in misura alquanto più ampia in altre province.

Quindi, o per ragioni ideologiche la si vieta comunque contro le disposizioni al riguardo o, se la si ammette, come non adeguarsi alle norme meno restrittive vigenti in altre aree anche limitrofe? Altrimenti andranno messe in conto azioni legali delle varie categorie di medici che saranno più distratti da contenziosi con la Provincia che attenti alla “good clinical practice”. Tutto sommato - si dice - sono molto pochi i medici che hanno optato parzialmente anche per l’attività privata. Ma se questi sono così rarefatti, quale vantaggio sulle liste di attesa potrà mai avere la sospensione di una attività privata di pochissimi dottori e tra l’altro così compressa (pochissime ore extra, orari e giorni poco... invitanti)?.

Tale decisione sarebbe solo “cosmetica”, termine usato per indicare i risultati di alcuni studi clinici che di per sé fanno colpo, ma che risultano concretamente irrilevanti. Medicina sul territorio. Il potenziamento della medicina sul territorio è una policy che si affermerà sempre di più nel mondo (occidentale). Non basta però auspicarla, bisogna realizzarla in un ottica che preveda l’indispensabile contributo dei medici extraospedalieri, la sintonia con gli ospedalieri ed un rapporto fiduciario tra il mondo medico nel suo complesso e i gestori politici. Insomma, proprio quello che non c’è.

La complessità di tali problemi è oggettiva (facile criticare, difficile fare), ma ciò non giustifica ipotesi di soluzioni che hanno probabilità zero di essere realizzate o che non avrebbero impatto alcuno. Non ho ricordo di scelte politiche fatte su segnalazione di organismi medici (di carattere consultivo) che siano state poi recepite almeno in parte dai gestori politici mentre ricordo non pochi progetti provinciali realizzati contro il parere dei medici e dell’Ordine. Il Servizio di medicina complementare a Merano e la Neuro-riabilitazione a Vipiteno sono esempi emblematici e tutt’altro che unici. Spero sinceramente di sbagliarmi ma, se non si sterza decisamente, concorrendo tutti ad un clima di schietta collaborazione, o anche di contrapposizione purché priva di preconcetti ed esente da interessi puramente politici, la Sanità altoatesina (che ancora ritengo tra le buone realtà esistenti nel nostro Paese), è destinata ad un progressivo peggioramento con sicure ricadute sulla cittadinanza socialmente più indifesa.

A mio modesto avviso, elementi poco ottimistici sono scelte ospedaliere non su base meritocratica, incongruenze e inadeguatezze comportamentali da parte di alcuni medici (nessuno è perfetto, ovviamente), la probabile riduzione numerica di medici e specialisti nel futuro prossimo, la prevedibile riduzione dei fondi per la sanità. E’ dunque il momento giusto per un più proficuo e corretto rapporto tra politici e mondo medico e per non compiere affrettati errori gestionali. Diabolicum perseverare.













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