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Scabbia, trasferiti i detenuti contagiati In cinque rifiutano il trattamento 

Oggi è in programma una iniziativa forte organizzata dagli avvocati della Camera penale sulla situazione di degrado del carcere. Il presidente Carlo Bertacchi: «Condizioni disumane e non più tollerabili. La scabbia è solo lo specchio della cronica drammaticità della struttura»



BOLZANO. Ancora tensione in carcere. È iniziata la profilassi per arginare l’epidemia di scabbia, ma alcuni detenuti si sono rifiutati di sottoporsi al trattamento. Le condizioni della struttura di via Dante, considerata tra le peggiori in Italia, continuano a provocare reazioni indignate: domani è in calendario una iniziativa forte organizzata dagli avvocati della Camera penale. 

La profilassi.

Negli spazi esterni del carcere la Protezione civile della Croce Bianca ha montato due tende, una per riporre gli indumenti e l'altra per installare le docce mobili: da ieri è cominciato il trattamento a base di compresse e pomata medica. Dei 114 detenuti presenti, soltanto cinque hanno rifiutato categoricamente di procedere. «Inutile è stato ogni sforzo di convincimento nei loro confronti», spiega il direttore della casa circondariale, Giovangiuseppe Monti, «Abbiamo cercato di fare capire l’enorme impegno messo in campo per tutelare le loro condizioni di salute. Tuttavia l’adesione alla somministrazione del trattamento era su base volontaria». Il rifiuto da parte dei cinque detenuti ha creato «malessere negli altri», sottolinea ancora Monti, che rinnova i ringraziamenti a tutte le parti coinvolte, dalla Protezione civile all’Asl. Tre dei quattro detenuti infetti da scabbia sono stati trasferiti ieri, a titolo temporaneo, presso diversi istituti penitenziari in Veneto: torneranno nel capoluogo altoatesino solo ad avvenuta guarigione.

La protesta degli avvocati

«Una situazione vergognosa e non più tollerabile»: lo denuncia la Camera penale. Lo fa in una lettera che trasuda delusione. Perché non è la prima. «E non sarà neanche l’ultima», commenta con amarezza Carlo Bertacchi, il presidente.

Tanto che, questa volta, i penalisti non si sono limitati a scrivere o, come hanno fatto anche in un recente passato, ad affiancare e accompagnare la visita in carcere di una ong come «Nessuno tocchi Caino». No, questa volta hanno chiamato ognuno ad assumersi le proprie responsabilità. Così, hanno convocato per oggi, giovedì 2 maggio, davanti al carcere tutti coloro che possono fare qualcosa e non hanno ancora fatto. Autorità dello Stato e della Provincia, comunali e sociali, insomma l’intera rete che tiene insieme una società nel suo complesso ma che non sta riuscendo a tenere in piedi una struttura strategica per sorreggere anche la prima. È la politica, nella sostanza, la responsabile di questo inferno nascosto tra le mura di un carcere nel pieno centro di una città civile.

«Scontare la pena in questo luogo», dice Bertacchi, «o attendere un processo, lungi dal tendere alla rieducazione o al reinserimento sociale della persona si risolve di fatto in trattamenti quotidianamente disumani e degradanti». I quali, ecco l’altra questione, non coinvolgono solo le persone detenute, ma l’intero personale di sorveglianza per non parlare dei professionisti dell’assistenza. Ma il nuovo carcere tante volte promesso? «Non si intravvede neppure la prima pietra». Quindi ancora, presumibilmente, decenni di attesa. Mentre gli interventi di manutenzione che avrebbero dovuto solo precedere di poco il grande progetto riqualificativo non hanno prodotto alcun miglioramento percepibile.

E infine la scabbia. «Questa epidemia», commentano i penalisti, «che ovunque risulta essere stata debellata, non è altro che la cartina di tornasole della cronica drammaticità della situazione nella casa circondariale di Bolzano». Poi la carenza di personale specializzato. Tanto che la gestione dei soggetti tossicodipendenti che scontano una pena in via Dante è lontana anni luce dagli standard ormai accettati in Europa. La causa? Difetti organizzativi reali o presunti. I quali sono emersi con prepotenza anche nel corso dell’ultima visita organizzata all’interno del carcere, avvenuta nell’estate del 2023 con anche la partecipazione di «Nessuno tocchi Caino».

Quindi adesso la questione non è più non solo la realtà di una struttura ormai fatiscente, inadeguata e per alcuni aspetti disumana, ma sta nel fatto che nonostante questa consapevolezza diffusa, nessuno ancora stia facendo o abbia fatto nulla. E niente appaia all’orizzonte. L’appuntamento che chiede la Camera penale è dunque una sorta di chiamata a correo.













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